LA POETICA DELL'ISPIRAZIONE NEI PRIMI POETi DELL.\ GRECIA 35· come siete, a tutto siete presenti e tutto sapete, mentre noi ascoltiamo appena la fama e nulla sappiamo» (1). Il libro I dell'Odissea, dopo l'apparizione di Atena nella reggia di Odissee, narra come l'aedo Femio intonasse dinanzi ai Froci un canto, insolito in quell'ambiente, sul faticoso ritorno degli Achei da Troia, insidiato dalla malevolenza divina. Udite quelle note, scende dall'alte stanze Penelope, invocando dal figlio Telemaco che faucia cessare la nuova canzone che tanto turba, col ricordo, il suo cuore di sposa. E Telemaco, cui già la dea ha infuso nell'anima un sentimento virile, risponde alla madre che non conviene impedire al vate di recar diletto, << seguendo il suo pensiero ovunque lo porti >>. « I poeti sono innocenti », ma la causa è da ricercarsi in Zeus che dona a ciascuno secondo il suo arbitrio. Si lasci perciò che l'aedo canti, senza biasimo, i tristi casi dei Danai, ché tanto più lodano gli uomini una canzone, quanto più riesca nuova (&ma-ì1 •1zw-rcx-r·1) agli ascoltator~ (2). · L'epilogo di questa apologia dell'aedo può ritrovarsi nel libro XXII dell'Odissea, quando Femio, per scampare alla strage dei Froci,· abbraccia le ginocchia di Odissee, singhiozzando: « Il mio canto lo traggo da me stesso ( o:ò-roWlo:x-roç ll'dfJt): è dio che ha connaturata in me la conoscenza d'ogni genere di canti» (3). In un altro canto~e si ritrova Omero, in quel Demodoco che alla corte dei Feaci rievoca dinanzi ad Odissee le gesta degli Achei. Di lui - che se ne vien guidato per mano dal banditore, perché la Musa « gli ha tolto il lume degli occhi, donandogli' la dolcezza del canto » (4) - è detto che « ebbe in dono dal dio di allietare col canto, volgendosi ovunque l'animo lo porti» (5) e che, « istruito dalla Musa, figlia di Giove, o da Apollo>>, sa cantare le gesta e le sofferenze degli Achei « come se egli stesso fosse stato presente agli avvenimenti » (6). Quantunque straziato dal ricordo delle vicende rievocate, Odissee rende segno d'onore all'aedo e, dando inizio a sua volta al racconto delle proprie gesta, gli ripete l'omaggio, dichiarando esser « bello ascoltare un poeta, come costui, che nella voce rassomiglia ai numi» (7). Ora, traducendo in termini di consapevolezza estetica questi spunti, sarebbe certo un eccesso della nostra iniziativa ravvisare nella cecità di Demodoco, più che un riferimento a condizioni fisiche, un'allusione alle con- ( 1) OMERO, Il., Il, v. 484-5. Un commento di questo passo, dal punto di vista che ci interessa. leggesi in M. UNTERSTEJNER, Per una uoria den,., poetica e/assira, in « Rivista di Storia della Filosofia», I, 1946, f. 3, pag. 337. (2) OMERO, OdiJJ., I, 346-352. (3) OMERO, OdiJ,., XXII, 347-348. ( 4) OMERO, Odiu., VIII, 63-64. (5) OMERO, Odis,., VIII, 44-45. (6) OMERO, OdiJJ., Vlll, 487-491. (7) OMERO, OdiJJ., IX, 3-4.
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