LUIGI STEFANINI Sviluppare da questo motivo germinale della poetica classica tutti i sensi eh' esso racchiude sarebbe possibile a chi si mettes se dal punto di vista di .un'esperienza evoluta e di una scienza matura. Ne l magico potere del poeta, per l'onda divina che l'investe, sarebbe possibi le scorgere la conseguita assolutezza dell'espressione artistica che disimpeg na il suo oggetto da ogni condizione fisica, storica, metafisica e lo dona, in uno stato di sciolta agilità, alle pure compiacenze della contemplazione. I legamenti di un pensiero discorsivo, che deve dar ragione di se stesso e poss edersi nel. nesso continuo delle logiche deduzioni, sarebbero così spezzati p er dar luogo ad una conoscenza sui genel'is, che si soddisfa nell'attimo, fuori dalle consecuzioni logiche e dai processi analitici. Il « non so che » delle estetiche preromantiche, l'« intuizione» delle estetiche attuali, le esperie nze del poeta « veggente », che in uno stato di acrisia e di ingenuità penet ra il senso profondo dell'essere, potrebbero scorgersi in codesta luminosa an ticipazione del genio classico. E, come la partecipazione ad una vita divina mette il poeta fuori delle necessità angoscianti del vivere terreno, liberando lo dal vincolo utilitario delle cose e dal peso del desiderìo e della concupi scenza, così in quella ~ntecipazione sarebbe possibile scoprire anche la beati ficante virtù dell'arte che arresta il bisogno e spegne la sete, sollevando il peso dell'impressione nella levità dell'espressione: che è appunto il senso più vero e maturo della catarsi artistica. La passività del poeta, rapito a se stesso dal vortice dell'ispirazione divina, potrebbe essere assunta a significare la facilità del canto che sgorga dall'anima per una virtù prepotente, fuori di o gni accorta ricerca di espedienti o accorgimenti tecnici. Come Hegel trovava implicite in Eraclito tutte le ul teriori conquiste della filosofia, così noi potremmo vedere nell'assioma p oetico dei primi vati della Grecia quasi un entimema, che condensa in sé tu tti i valori essenziali che l'estetica posteriore ha messo in luce. Ma si tratta, appunto di un entimema, e noi non siamo affatto autorizzati a colmare, col nostro ragionamento, i vuoti della deduzione. Non è lecito integrare, con la nostra consapevolezza, la consapevolezza degli antichi. Più che mai a proposito della poetica dei poeti è necessario applicare con rigore il noto canone del Bat - teux, di non attribuire agli antichi i principii delle lo ro conseguenze e le conseguenze dei loro principii. Nel limitarci, dunque, a dar conto delle deduzioni che gli antichi effettivamente hanno ricavato dal principio mitico dell'ispi razione, notiamo subito qualche passo di Omero in cui, qualificando con c aratteri ben determinati l'arte degli aedi, egli manifesta fino a qual pun to fosse consapevole delle' prerogative della propria arte. Nel II libro dell'Iliade, il catalogo delle navi è preceduto dalla famosa invocazione alle Muse affinch é « narrino» al poeta ciò che egli altrimenti non potrebbe ap prendere: « Voi, dee ..
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