Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

30 PIETRO PAOLO TROMPEO sarebbe fatto uno scrupolo di adoperare in• altra sede, aggi unge grazia alla similitudine casalinga e la rende più viva: 'come l'altra volta che Dante l'adopera nel canto XIV del Paradiso e anche lì in rima, dà una sfumatura di più intimo affetto al desiderio che gli spiriti beat i dimostrano, di rivestirsi dei loro corpi: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme. Ancora un'impressione musicale, il saluto dei beati a Mari a che risale all'Empireo: Indi rimaser lì nel mio cospetto, « Regina celi » cantando sì dolce, che mai da me non si partì 'l diletto. Se non nell'economia del poema sacro, c~rto nella memoria poetica del lettore c'è una rispondenza tra questo coro paradisiaco e qu ello purgatoriale della valletta dei prìncipi: « Salve,Regina» in sul verde e 'n su' fiori, quindi seder cantando anime vidi, che per la valle non parean di fuori. L'episodio si chiude con una « moralità » che conferisce allo stile certa gravità parenètica e con un preannunzio al lettore di quel che lo aspetta voltando pagina: Oh quanta è l'ubertà che si soffolce in quelle arche ricchissimeche fuoro a seminar qua giù buone bobolce ! Quivi si vive e gode del tesoro che s'acquistòpiangendo ne lo essilio di Babilòn, ove si lasciò l'oro. Quivi triunfa, sotto l'alto filio di Dio e di Maria, di sua vittoria, e con l'antico e col novo concilio, colui che tien le chiavi di tal gloria. Abbandoniamo agli amici filologi e lessicologi quelle « bo bolce >>, intese da alcuni nel senso di «bifolchi» (in latino, bubulcr) e da altri in quello di « terre », secondo l'uso ancor vivo in alcuni dialetti dell'Italia settentrionale. Forse, per l' aggiustatezza della metafora sa rebbe preferibile la seconda interpretazione: i santi e i beati, meglio che a d agricoltori che sparsero il seme della parola divina, sarebbero paragonati a terre disposte a ricevere la buona semenza: questa, come nelle parabola evangelica, rese il cento per uno, e ora, nella città di Dio, ogni santo è come un'arca in cui si addensa (« soffolce ») il seme moltiplicatosi nelle spighe . ..

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