26 PIETRO PAOLO TROMPEO Marbodo gli attribuisce una quantità di vittù, perfino quella di liberare carcerati. Ma soprattutto ne esalta la pura bellezza. Dice nel poema: Saphiri species digitis aptissima regum egregium fulgens, puroque simillima coelo. (Che un anonimo traduce in antico francese: « Al ciel resemble kant est purs »). E poi nella prosa De d11odecimlapidib11spretiosis in frmdamento caelestis civitatis positis: Sapphirus habet speciem coelesti throno similem. A questa tradizione attinge ancora verso la fine del Cinquecento o i primi del Seicento il gesuita borgognone Etienne Binet, che nel suo libro La Fle11rdes Psa11111es, dopo aver descritto il zaffiro così chiosa: « Or ce brun azurin sursemé de sable d'or ressemble fort le ciel quand en pleine beauté il marque clairement et allume toutes ses étoiles ». Se Dante chiama la Vergine « il bel zaffiro», è probabile lo faccia anche per una ragione di simbologia mistica. Una santa tedesca, Matilde \di Hackeborn, morta proprio l'anno prima del fantastico viaggio di Dante è identificata da alcuni dantisti con la Matelda del Paradiso terrestre, nel suo I.i ber specialisgratiae identifica il zaffiro col cuore stesso di Maria ( 1). Ma il poeta è specialmente sedotto dal dolce colore della gemma, da quel- !' azzurro che ha visto ferito dal sole nelle vetrate gotiche. Ed eccomi ancora una volta ricondotto a Chartres. Dice D'Annunzio, parlando d'una donna, a un certo punto del suo IJbro segreto: « I suoi occhi hanno l'azzurro di certe vetrate sacre, l'azzurro di Chartres, quello della Vierge bleue ». Ma no, questa prosa che ha il gusto di sacrilegio caro al peggior D'Annunzio, non fa per noi. Ricorriamo piuttosto, ancora una volta, al poeta di Chartres, a Huysmans: « C'était un pétillement de bluettes et d'étincelles, un tricot remué de feux bleus, d'un bleu plus clair que celui dans !eque! Abraham brandissait son glaive; cet azur pile, limpide rappelait !es Aammes des punchs, !es poudres en ignition des soufres et aussi ces éclairs que dardent !es saphirs, mais alors des saphirs tout jeunes, encore ingénus et tremblants, si J'on peut dire; et dans l'ogive de verre, à droite, ( I) Non avendo a disposizione il testo originale nell'edizion., dei Benedettini di Solesmes, cito la traduzione cinquecentesca di Anton.io Ballardini (Libro della Spirilua/ Gralia delle rive/ationi e viJioni della B. M.e11i/devergine ecc., Venezia, appresso Nicolò Misserini, 1606, p. 69): « Nella notte al mattutino, vidde il Re della gloria sedente in trono, di cristallina pu• rità; il quale era convenientissimamente omato di cornellini rossi, dalla cui destra la Regina del Cielo sedeva sopra un seggio simile al Saffiro, molto ornato di bianchissime perk,. Per il Trono cristallino di Dio intese esser significato l'i=timabil purità della Divinità. Per le cornelline rosse, la sanguinosa passione della sua Humanità. Per il Saffiro ancora si significava il cuore celeste della madre di Dio, e per le bianche perle, la sua verginal purità .... ». Edizioni della stessa traduzione, anteriori e posteriori a questa di cui mi valgo, stanno ad attestare, con la popolarità di santa Matilde, la diffusione del movimento mistico in Italia nel Cinque e Seicento. Se qualcuno, come ha fatto il Bremond per la Francia, ne delineasse la st<,ria letteraria! •
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