Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

L'AZZURRO DI CHARTRES (LETTURA DEL CANTO XXIII DEL PARADISO) Salito con Beatrice dal cielo di Saturno a quello delle stelle fisse, e da quell'altezza ed ampiezza vòlto lo sguardo ai pianeti e alla piccola terra per il cui dominio gli uomini si azzuffano e si fanno più crudeli delle belve, Dante ritorna cogli occhi agli occhi della sua donna, e la vede protendersi tutta, ansiosamente, verso qualcosa di sovrumano che ancor non appare: Come l' augello, intra l'amate fronde, posato al nido de' suoi dolci nati, la notte che le cose ci nasconde, che per veder li aspetti disiati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che l'alba nasca; così la donna mia si stava eretta e attenta, rivolta invèr la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta: sì che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quei che disiando altro vorrìa, e sperando s'appaga. La similitudine, come quasi tutte le dantesche, è autonoma insieme e calzante. Risponde bene all'intento di significarci l'ardente desiderio di Beatrice, che aspetta il trionfo di Cristo come l'uccello il levarsi del sole, ed è ad un tempo un tratto di natura còlto con felice senso realistico. Le similitudini di Dante - è quasi superfluo ripeterlo - anche quando lo spunto gliene vien dato da altri poeti, non sono mai similitudini stracche, monete passate di mano in mano e consunte dall'uso: anche se talora in funzione esornativa, non obbediscono a schemi retorici, o piuttosto annullano codesti schemi asso.,rbendoli, e vengono al lettore inattese e piene di freschezza. Il paragone tra la Commedia e le cattedrali gotiche, giusto in sé, ma di cui si è oratoriamente abusato, e che andrebbe, se mai, ripreso con un più vivo sentimento della rispondenza tra le varie arti in determinati pe-

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