SALVADOR! E FOGAZZARO una sera d'estate, in un bosco, al sole cadente, sentii bene che niente nella natura è senza voce, e che J' inquieto cuore umano non può posare che in Dio» (1). Momento poetic~ e sentimento _agostini~~oche cert_o,lo stesso scrittore avrebbe amato lasciare, sopra tutti, m spmtuale eredita. Più maturo giudizio ebbe occasione di esprimere Giulio Salvadori diversi anni più tardi, per la pubblicazione de La vita di Antonio Fogazzaro scrittada Tommaso Gallarati Scotti.\In una nota, dettata come pare in quel tempo, raccolse con severità nuova il suo pensiero sull'uomo: « Il Fogazzaro è della patria di S. Gaetano: contrasse nel suo secolo le malattie che sempre hanno portato impedimento alla Verità e alla Carità, orgoglio intellettuale e impurità di piaceri sensuali, ma quella Luce e quel Fuoco, se a tratti parvero spengersi per le torbide acque e l'arida nuvola, risuscitarono dalle ceneri: e in fondo questa è la sua eredità» (2). Lesse il libro, e attese prima di dire all'autore quella « parola certa», che sentivi! doverosa: scrisse, finalmente, da Livorno, nell'estate del 1920, « davanti al mare mosso e sereno che viene a battere con le sue onde il muricciolo », pensoso di quell'ascendere e declinare di generazioni, significato dall'esperienza del poeta. « Come le onde che muovono dall'alto, arrivano al loro sommo e si frangono, così le generazioni.. .. ». Generazione, quella del Fogazzaro, che dalle anteriori aveva ereditato la malattia della critica, il paganesimo nei costumi e nell'arte, l'antico panteismo naturalistico. « Le onde passano e spazzano le ossa aride, i venti passano e spazzano le nuvole; rimane la ferma pietra ». Quella contemplazione della natura gli dava immagine della parte umana e caduca nell'opera dello scrittore, di ciò che il tempo già aveva travolto. E altri segni di tempesta egli ancora sentiva. Ma al di là del terrestre, oltre il tempo, duravano le eterne certezze. « Vedo il mare splendido di verde e immenso che viene a battere con le spume delle onde infrante al mio muricciolo cadente, vedo l'immensa linea dell'orizzonte che parla di Dio; e dico: Questa è realtà, così è il tempo, che spazza le strutture, senza fondamento, le vanità. Avanti! avanti! camminiamo! Che puoi fare, che puoi dare oggi, in questo momento? Le onde incalzano sempre più alte, sempre più minacciose, e la procellaria che le sorvola mette passando nell'immenso sereno il presagio della tempesta. Raccogliamo il nostro tesoro camminando, lavorando sulla pietra incrollabile, il tesoro che non si perde quando saremo gettati alla riva dell'eternità» (3). lì l'estrema parola, in lumine vitae, di questa spirituale amicizia cristiana. NELLO VIAN (1) Lettera del Salvadori a Filippo Crispolti, Roma, 2 ottobre 1911 (inedita). (2) GALLARATI SCOTTI, La vita di A. Fogazzaro, pag. 334. (3) Lettera al Gallarati Scotti, Livorno, 12 agosto 1920, in SALVADOR!, Leuere, pagine 283-286.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==