Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

SALVADOR!E FOGAZZARO 17 quanto so e p<>ssola E. V. di considerare che il nome di Giulio Salvadori, se non è noto p<>p<>larmentein Italia, è tuttavia onorato fra noi da tutti gli studiosi di lettere; che l'umiltà magnanima con la quale egli accetta la sua sorte senza lamenti, senza inquiete ricerche d'aiuto, non gli deve nuocere .... Nel caso del Salvadori sono a considerare oltre ai titoli dei quali giudicò la commissione anche il nome chiaro e le virtù del l'animo veramente insigni e che nessuno in Rorva ignora. Il Salvadori non sa che io Le scrivo. Comuni amici mi hanno richiesto di ciò. Mi perdoni l'E. V. se l'ho fatto con tanta franchezza. Il linguaggio della franchezza onesta mi parve il più degno di Lei e di me» (1). Quasi per rendere il gesto cavalleresco, Giulio Salvadori sosterrà, dopo alcuni anni, animosamente la difesa dello scrittore, assalito per il suo ossequio alla Chiesa, dinanzi agli scolari dell'università romana. Nella più matura età del Fogazzaro, più rare diventano le testimonianze di questa amicizia. Il Salvadori che rimase lontano, come si è detto, dalla tormentata p<>lemicareligiosa nella quale lo scrittore si era impegnato, tacque con lui. L'ultima lettera conservata si inizia appunto con l'accenno a questo silenzio. « Ma ricordo - egli aggiunge subito, con amabilità, - una parola profonda d'una preghiera di Clemente Romano, secondo romano Pontefice: " Tu, Signore, che conosci i gridi di coloro che tacciono ''; e son certo di trovare in Lei un'immagine di questa pietà». E continua, delicatamente, richiamando il sentimento spirituale destato in lui da un breve dramma fogazzariano, rappresentante un eroico perdono di donna (la significativa allusione si innalza per il ricordo di una persona venerata, che è con ogni probabilità il padre Lorenzo Cossa): « Ho letto ultimamente una cosa Sua che non conoscevo, Il rit1·attomaschet'ato; e la pietà di Donna Cecilia m'è andata al cuore. Un uomo di vera sapienza mi fece gustare quelle pagine in un momento in cui sentivo la ribellione del Buon Ladrone, non per i tormenti suoi ma per il martirio che l'Innocente accanto a lui sosteneva per lui: e, non so come, quelle pagine lette da quell'Uomo, m'aiutarono ad amare e adorare il Segreto di bontà infinita che è nella passione dell'Innocente figlio di Dio e che rende accettabile e soave il tremendo ordine di Giustizia che la vuole. Accetti anche di questo la mia riconoscenza». La lettera, scritta la vigilia dell'ultimo onomastico di Antonio Fogazzaro, 12 giugno 1910, si chiudeva con un pensiero di sollecitudine verso persona cara, « cuore sincero e ingenuo, ma cosl difficile a spogliarsi di sé, e quindi cosl facile a essere sedotto da altri », a cui egli chiedeva che l'amico parlasse, con la sua « profonda intelligenza del cuore .... e il senso dei suoi misteri e di Dio ». Ma di più alta imp<>rtanza è il post-scf"iptttm, degno veramente di concludere questo éarteggio. Il ricordo, che pare ricapitolare quella amicizia di quasi un trentennio, si richiama alle spirituali avventure di altri amici e segna nettamente la p<>sizioneideale e pratica di Giulio Salvadori. (I) Lettera del Fogazzaro a Guido Baccelli, Vicenza, 26 maggio 1899 (inedita). 2. - Quci.lerni di Roma.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==