Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

NOTE DI CRONACA 157 dal « programma », Sironi e Carrà hanno potuto rivelarsi autentici pittori che, già allora padroni del loro stile, non sapevano e non potevano districarlo in libertà). Ma c'è di più: non c'è astrattista che, nell'intitolare un suo quad'ro, non si mostri contenutista all'eccesso. Sotto i quadri di Magnelli abbiamo letto: Attenzione nascente, Ritmo bmscato, Fantasmi attivi; ciò che nessun onesto apprendista di nature morte o di composizioni pure ardirebbe scrivere sotto i suoi puri colori o pure composizioni. Gli astrattisti quindi pretenderebbero incatenare l'osservatore delle loro opere a concetti e a immagini estremamente definiti, se non ci fosse, invece (e ben palese) una smaccata voglia di épater ad ogni costo. Comunque, un bisogno di oggettivare il linguaggio formale, di trovare una sintesi mentale definitiva, anche negli astrattisti e' è, positivamente. Per amor di coerenza codesti pittori dovrebbero intitolare le loro opere con un puro numero d'ordine; si ricordi il Kn di Carlo Belli che a suo tempo fu letto con un certo interesse. (Ma qui potrebbe venir fuori il paragone con la musica, che ci porterebbe troppo lontano e ci costringerebbe, nientemeno, a riprendere il problema della d'istinzione fra le arti; che è, voglio dir subito, ben altra cosa dail'essenziale unità dell'arte, appunto per la discriminazione fatta tra arte e opera d'arte). Certo è, ripeto, che gli astrattisti entrati con le bandiere spiegate alla Quadriennale, ne sono usciti un poco mortificati. E non sarà improbabile, tra poco, una reazione violenta; quella reazione che potrebbe avere, come capo, un De Chirico, ma un De Chirico più semplice, più puro: cioè più ingenuamente artista. Oppure un Morandi meno prezioso. O anche - e questo preferirei auspicare - una critica più sana e più chiara, meno preoccupata d'essere «intelligente», meglio fond'ata sulla cultura e sulla dottrina. li vento della moda muterebbe; e conferirebbe maggiore fecondità al polline che trasporterebbe dal!' antico al futuro. O, meglio ancora, occorrerebbe che gli artisti fossero in quakye modo costretti a « fare davvero », cioè ad adoperare i loro raffinatissimi mezzi in un clima di d'isciplinata positività. Come mai, per esempio, nel concorso per le porte di San Pietro, quasi nessuna di tali stravaganze è apparsa? e, anzi, abbiamo assistito al triste spettacolo di scultori che da modernissimi, quali s'erano fatti conoscere, si piegarono, in quella occasione, a fare perfino dell'accademismo? Opportunismo o mancanza ·di convinzione del loro stile? E tale è il bisogno di« capire» di fronte all'opera d'arte che c'è da temere che da quel magnifico concorso esca premiato non già un'artista « moderno » ma un ripetitore di vecchie formu.le svuotate di lirismo. Ma l'argomento, già trattato in altra sed'e, riaprirebbe piaghe polemìche che oggi sarebbero incresciose e superflue; meglio attendere i risultati del concorso di secondo grado. Una sola osservazione, che conclude, in fondo, tutto il discorso: tra gli scultori che si sono cimentati alla gran prova delle porte uno solo, ci sembra, ha tenuto fede a se stesso, presentandosi, col suo linguaggio schietto, pur temperato dallo straordinario soggetto: Manzù. E la critica è stata quasi unanime nell'esaltare l'opera, e attorno al suo nome solo s'è appuntata la sparuta critica avversa, quella dei « laudatores temporis acti ». Che sia, il concorso per San Pietro, una buona occasione - la più convincente, la più significativa - per decidere se esiste o non esiste un'arte del nostro tempo? E se la risposta sarà positiva, assisteremo, c'è veramente da crederlo, alla caduta dei programmi in astratto e delle stravaganze estemporanee; gli artisti moderni sentiranno, finalmente, di poter fare dell'arte, dell'arte che loro è propria e tioè espressa col loro modernissimo linguaggio, dicendo qualche cosa di concreto, figurando scene, figure, soggetti di fronte a cui non ci sarà né incomprensione né noncuranza. Polemica, sì, ci sarà; ma sarà quella che in ogni tempo ha reso attiva la partecipazione d'egli uomini alla sorprendente creatività degli artisti. ADRIANO PRANDI

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