Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

NOTE DI CRONACA 153 triste - perché il pittore ,di quadri sacri sia troppo spesso proclive a operar non da artista ma da manipolatore di mezzi già sfruttati che, nel migliore dei casi, rivelano l'apprendimento accademistico di ingredienti illustrativi. E le conseguenze di tutto questo disorientamento appaiono ben chiare. Riprendendo il discorso sulla Quadriennale, ecco infatti la .nostra impossibilità di scegliere e di giudicare in modo soddisfacente fra tutta quella pletorica serie di opere; o an· che di condannare o di biasimare. Come, per esempio, sperare d'essere convincenti esaltando i pochi Morandi esposti in una di quelle sale? Notiamo, indubbiamente, che questo pittore - forse il maggior pittore vivente - stemperando più precisamente che mai il colore nella luce atmosferica, scrive ora una nuova pagina della sua coerentissima biografia; ma per spiegare tutto ciò ci sentiremmo in obbligo di rinarrarla tutta, quella biografia, poiché soltanto dal totale complesso del lavoro di Morandi potrebbe balzare la giustificazione del nostro elogio. Cioè, anche in questo caso, ci .si troverebbe a godere di un artista e non delle singole opere d'arte; e cioè quelle cinque pitture non tanto valgono in sé e per sé quanto per l'apporto che dànno alla personalità del pittore. Bisogna, insomma, troppo intendersene, d'arte moderna; mentre sarebbe _desiderabile, a tutti gli effetti, che ciascuna opera avesse una sua immediata possibilità di godimento. La personalità dell'artista, in altre parole, quella personalità che soltanto il critico sa definire, si è sovrapposta alle sue singole creature, e, _incerto modo, le divora, negandone la vitalità individuale. Lo stesso per le altre grandi, o almeno celebri, firme: Tosi, Guttuso, Rosai, Casorati, Capogrossi, Mafai, Salietti, ecc. Notare, per esempio, che Capogrossi abbandona sempre più il rigore disegnativo e la preziosità delle campiture cromatiche (mi riferisco alla bella sala del '39 e ai suoi splendidi disegni a tratto continuo); compiacersi della costanza di Salietti nella sua studiosa esaltazione dei bianchi; riconoscere una volta ancora quale temperamento di pittore rivelino i soliti vq,Iumi definiti croma• ticamente di Guttuso (ma perché si preoccupa tanto di avere uno stile, egli che lo avrebbe senza doversene preoccupare? non era _forse autentico pittore anche prima del famoso Ritratto di San/angelo? perché vuole ad ogni costo mendicare un'originalità spersonalizzando il soggetto col ripetere senza posa le sue Cucitrici?); dire per ogni pittore queste o simili cose equivarrebbe a far discorso troppo chiuso, troppo, direi, tecnico e cioè a non farsi intendere o a dar adito a imprecise interpretazioni. Vorrei, insomma, poter prendere un'opera, descriverla, datarla, goderla, e dire perché e attraverso quali mezzi, e cioè con quale «arte», quell'opera significhi la tale o tal altra cosa, rivelatami per la prima volta dal tale o tal altro pittore, senza possibilità di inganno, senza dover persuadere. E arricchirmi, per esempio, d'una 11t1ova Resurrezione, o d'un nuovo panorama di monti, o anche di un nuovo cesto di mele: non dubiterei un istante di aver davvero davanti agli occhi questo o quello o quell'altro soggetto; e sarebbe stato l'artista ad avermelo donato, come nuova esperienza, irripetibile ma certa. Invece qui, tra queste trentaquattro sale non potrei che parlare d1 valori formali; e dire, per esempio, che nel loro disperato tentativo di cubismo il Capocchini e la Grandinetti dimostrano dello sfortunato entusiasmo, e che Spilimbergo promette bene con la sua devozione a Semeghini, o che Colucci, con la sua Piazza San Marco vorrebbe solidificare (e perciò tradire) De Pisis; e che molto spesso nei giovani si nota la suggestione di Scipione (Emanuele, Magliola) e che è ben significativo che Crocetti ( ricordiamo quel suo brutto San Michele di tanti anni fa) vada sempre più accostandosi a Manzù. E con questo avrei detto che l'arte italiana contemporanea ha, come sempre, artisti che fannno scuola. Potrei anche, se ne valesse la pena, malignare sul troppo celebrato Carlo Levi, ricordando accanto al suo Pollo Spennalo !'estremamente diversa ed estremamente modiglianesca Figura

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