Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

NOTE DI CRONACA dove si può rileggere il vecchio saggio su Ugo Foscolo nella cl'itica di GioviJa Scal• vini. E piaccia plaudire al penetrante impegno di Ferruccio Ulivi, nel recente Ro• manticismo .Ji Ippolito Nievo (A.V.E., 1947), tutto inteso a rivendicare la sostanza romantica del racconto nieviano e a metterla in reazione con il momento letterario, momento che !'Ulivi conosce indubbiamente assai bene. Ma altrettanto utili sono le monografie atte a studiare le origini medesime della crisi post-romantica, dove si riaf. facceranno stimoli classicisti e puntigli puristici di sicura provenienza dal Monti. Qui si inserisce il recente volume di Lorenzo Fontana, Vincenzo Monti rverseggiatore e poeta (Dante Alighieri, 1948), dove interessa principalmente (si starebbe per dire, ancor più che la ricostruzione della personalità montiana e della resistenza della sua Poesia) l'analisi attenta di quei principì morali e artistici che avranno notevole peso nella reazione anti-romantica. In tal senso avremmo desiderato che il Fontana (che qui segnaliamo come ottimo studioso dell'Aretino) meglio avesse agio di immet• tere il Monti nel momento letterario europeo, e non così astrarlo in fissi schemi cri• tici: un po' come aveva saputo fare nel precedente Vincenzo Monti ,prosatore e rètore ( del 1943, sempre ed. Dante Alighieri). Superato lo scoglio di metà secolo, il cammino si fa più facile. Non che sian caduti gli ostacoli nel valutare appieno le molteplici funzioni e gli interni compensi tra verismo, decadentismo, neo-umanesimo, neo-romanticismo, ecc.; ma all'interno delle singole tendenze finisecolari, e meglio ancora come generale panorama di ambienti culturali o anche regionali (es. la Scapigliatura torinese amata da Gianfranco Contini, vedi Letteratura, n. 35). 1l questo il caso di raccolte di saggi sul secondo Ottocento, di cui si son visti recentemente quattro esempi, il Fine Ottocento di Antonio Baldini (Le Monnier, 1947), il Secondo Ottocento di G. Titta Rosa (Garzanti, 1947), l'Ottocento e Novecento di Giuseppe Molteni (Gregoriana, 1947), e i nostri Scrittori piemontesi del secondo Ottocento (De Silva, 1948). Se l'indagine del Mol• teni è essenzialmente riassuntiva, semmai alimentata da ragioni morali allorché tenta di formarsi un giudizio libero, gli articoli, saggi, elzeviri del Titta Rosa e del Baldini sono mossi da una curiosità più ampia e da uno studio più specifico sui minori prodotti di letteratura. Naturalmente il Baldini ('che pur conosce il periodo da vero signore) entra nell'irto con la disinvoltura e la ricchezza dello scrittore. Se è pronto ad assottigliarsi dinanzi a personalità così prepotenti e amate (Carducci, D'Annunzio, Pascoli, ecc.), non rinuncia mai a considerarle maestri sì, ma graziosissimi spunti per battere miglior ala di prosa; materia critica sì, ma pur palcoscenico dove poter com• prendere sé, i propri umori e piaceri di lettura. Davvero esemplare il caso del Baldini ottocentista, infaticabile raccoglitore di schede e frugatore di memorie; cioè non un dilettantesco giocoliere in écritt,re, ma uomo che si prepara con paziente consapevolezza ai proprì viaggi smagati nel mondo dell'ultimo Ottocento. Come si vede dagli abbrivi critici, esempio per la prosa carducciana che « è viva sopratutto in questo volerla fare stare a segno e non saperci e poterci essa stare più che tanto». Diversa è la posizione del Titta Rosa, che pur è di scrittore, ma direi distogliendo l'esame critico dalle ragioni della sua letteratura, e conservando il ricordo personale per quel che concerne l'oggetto della' discussione di gusto e dell'investi• gazione psicologica. Tanto più che nel Titta Rosa ottocentista va crescendo (basti scorrere le date dei varì articoli) un'esigenza più storica e meno psicologica : frutto certo di letture recenti! Ma si tratta di stimoli sensod che al massimo permettono la parziale visione di un'opera. Manca _alTitta Rosa (mentre invece c'è nel Baldini, sia pure ridotta al gusto della divagazione) una precisa impostazione del processo storico dal decadere del romanticismo alle avvisaglie del Novecento. GIORGIO PETROCCHI

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