Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

NOTE DI CRONACA 147 cilia; poi la visita notturna a Corte SavelJa, e l'angoscia sottile che si calma nei primi lavori di disegno. Man mano il racconto si carica di riferimenti, e la psicologa si complica; ma non sarà difficile alla Banti, d'un colpo solo, incidere il temperamento sostanziale di Artemisia. l': un libro tutto ricamato nelJa psicologia, sempre rammodernata più di quanto non esiga la verità storica, anche se deve essere approssimativa (come il romanesco dell'esordio) a ragion voluta. D'altronde l'affresco storico non interessa soverchiamente la Banti, e non le dispiacerà se si dice che è un intento non realizzato, o almeno che non tocca un sottofondo oltre il significato e il calore della pennellata esterna. La Banti pensa soltanto alla sensibilità di Artemisia, e il dramma di questa antica donna barocca è senza dubbio riuscito artisticamente. DalJa creazione alla critica letteraria, che per ragioni di spazio e d'argomentazione conviene limitare, per le Cronache odierne, al secolo passato. D'altronde ciò corrisponde ad. una situazione di fatto negli studi perché è tuttora il secolo su cui s'infittiscono e s'intrecciano gli interessi e le curiosità dei critici, degli scrittori, dei ricercatori, l'Ottocento. Dinanzi ai rarissimi contributi scientifici sul Seicento e sul Quattrocento, agli studi più frequenti sul Cinquecento e il Settecento (ma sempre più distolti dall'errabondo sguardo del lettore medio), il secolo romantico oggi monopolizza le naturali esigenze di disposizione spirituale verso la poesia, alimenta le interiori polemiche dello studioso verso un individuale acquisto metodologico, so• spinge ad un appassionato riscontro di personalità e di casi morali, ripropone con una maggiore evidenza storica il dissidio poesia-letteratura. Tapto più che, ormai chiaramente definito nelle linee essenziali e nel suo svolgimento teorico per ciò che compete gli inizi del romanticismo (si veda il recente Preromanticismo italiano di Walter Binni, sul quale ci si intratterrà più specificamente in una delle prossime Cronache), la polemica romantica (donde lo splendido saggio del Fubini sulla Rftssegna d'Italia, a coronamento dell'edizione Bellorini e di vari saggi occasionati dal volume laterziano), il proced.ere della poesia italiana nel generale panorama europeo, l'assorbimento e l'altissima voce singolare (come per Manzoni in Formazione e storia delta lirica manzoniana di Giuseppe Petronio, Sansoni, 1947, o per la difficile identificazione del «romanticismo» dell'ultimo Leopardi in lA 1111ovpaoetica leopardiana di Walter Binni, Sansoni, 1947), dicevamo, chiaramente definito lo svolgimento storico del romanticismo, invece il trapasso nell'irrequietezza scapigliata, nei primi bagliori del nostrano decadentismo, nell'affermazione verista, abbisogna ancora di studi chiari e d'ampio respiro. Insomma l'attuale punctum dolens della critica ottocentesca è proprio nella sutura tra il primo Ottocento neo-classi'co e romantico e il secondo Ottocento verista e decadente, con la turbante eccezione carducciana la quale attende tuttora d'essere compresa e valutata nelle sue più intime ragioni culturali e morali. Grosso modo le acque si intorbidano con la poesia e prosa del Tommaseo e con la narrativa del Nievo. I il punto più delicato delJa spina dorsale ottocentesca, dove è più facile eccedere in difetto, limitando la prospettiva storica in cui vivevano gli uomini del Cinquanta (anche Aleardi, Prati, e il già scomparso Poerio), o in esuberanza, affastellando notizie e riferimenti in modo da complicare, anziché illimpidire, la comprensione del difficile momento. Ben vengano, quindi, i contributi adatti a valutare il grado di partecipazione poetica e critica degli scrittori del medio Ottocento, come il Romanlicismo crilico e coscienza storica di Mario Marcazzan (Marzocco, 1948),

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