NOTE DI CRONACA anzi ricerca 1' aderenza :delle vicende con la confusa realtà storico-umana degli anni prebellici, durante i quali sono stati scritti tutti i racconti della Presenza del male. Adolescenti e vecchi, infelici nel corpo e infelici nell'anima, eletti (in Madre e figlio) o rèprobi (il ·guardiano storpio): in Tecchi vivono situazioni sempre viste dall'interno, con un significativo distacco dalla meccanica riproduzione di stati d'animo, come si vede in certe !Prove narrative (si eccettuino alcuni dei neo-realisti) di cui abbonda la letteratura d'oggi. * * * Due libri poetici di sacerdoti, in questi ultimi mesi. L'uno, le Poesie di Clemente Rèbora (Vallecchi, 1948), è l'opera omnia di uno scrittore tra i più nobili e suggestivi dell'epoca vociana, il frutto terreno di un uomo che presto abbandonò tormenti e beghe letterarie per nascondersi nel chiostro, donde ripudiare tutto il proprio lavoro di letterato e di poeta, ma tornando spesso al suo esordio umano, comprendendo meglio e raffinando l'esperienza morale in alcune brevi, intensissime liriche religiose che chiudono il volume. L'altro è la prima raccoltina di un giovane frate servita, David M. Turoldo (lo 11011 ho mani, Bompiani, 1948), tra i vincitori ,del Premio San Pellegrino, 1947. L'educazione letteraria del nuovo poeta è condotta ,sulJa forma espressiva di Ungaretti, giacché poi l'atto religioso e la comprensione Jirica della vita morale d'oggi provengano da tutt'altra via, semmai dai lirici inglesi di fine Ottocento o da un autentico tono biblico, tra Eliot e, in Italia, la Guidacci, Ma nel Turoldo è pur viva la presenza della vita profana, in certi abbandoni nella .tristezza del sangue, e qui forse la vocazione del poeta getta gridi più puri ed efficaci. In tutt'altro mondo siamo con Artemisia, e in differente campo letterario. Una leggerezza di rievocazione che sale da vecchie memorie riviste con animo mosso, un incanto appena sospeso su pochi e rari documenti di storia, un caso umano considerato sui motivi eterni della creazione artistica e dell'amore, un ambiente ritratto alle origini dei suoi sentimenti e stati d'animo: è il nuovo romanzo di ANNABANTI (Sansoni, 1948), ispirato alla vita della pittrice secentesca Artemisia Gentileschi, che la consorte di Roberto Longhi (il primo che ebbe a studiare l'arte di Orazio Gentileschi e della di lui figlia Artemisia) definisce come « pittrice valentissima fra le poche che la storia ricordi ... oltraggiata, appena giovinetta nelJ'onore e nell'amore; vittima svillaneggiata di un pubblico processo di stupro». Già sull'argomento la Banti ebbe a scrivere un romanzo, andato a fuoco nei bombardamenti di Firenze, e dal ricordo della prima opera letteraria nasce il curioso sovrapporsi della storia secentesca sulle vicende attuali, e il pari svolgersi della sensibilità della protagonista accanto al ricordo dell'autrice. Tal procedimento, se induce ad un suasivo tono dì diffusa dolcezza e intimità narrativa, affatica però l'analisi del personaggio, annebbia la riproduzione (più psicologica che realistica) dell'ambiente secentesco, carica dì pretese letterarie il tessuto umano e morale dell'accadimento. 1: un procedere a linee interne e a frammenti d'evocazione oggettiva che ricorda la Woolf, oltre che la Lettera all'editore della Manzini, ma che ha modo di riconquistarsi ben spesso il filo legittimo della narrazione. Ed è proprio qui, nel discorrere distaccato, non nelle inserzioni della memoria, che la Bantt dà di più: l'inconscia colpevolezza di Artemisia nella prima parte del romanzo, dopo l'elegia all'infanzia dei colloqui con Ce-
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