Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

NOTE DI CRONACA di ragioni, quelle con il Pakistan, che sarebbe il terzo Stato islamico che allaccerebbe relazioni diplomatiche con la Santa Sede. In un domani più o meno lontano, ma forse non troppo, può darsi che la direzione della civiltà umana passi in mano dei popoli asiatici, i quali, fin da oggi, nell'insieme, hanno accettato la Chiesa di Roma come collaboratrice: questo fatto può avere conseguenze incalcolabili per l'avvenire religioso e civile dell'umanità. CRONACHE POLITICHE Cominciare la nostra rassegna con alcune considerazioni sull'esito delle elezioni italiane del 18-19 aprile potrebbe apparire, a prima vista, l'orgogliosa apologia di un episodio della nostra vita interna. Ma si tratta di tutt'a1tro: come abbiamo visto, gli occhi del mondo nelle settimane che hanno preceduto il voto erano volti all'Italia. Noi non ci rendevamo ben conto di queste ansie così vive; e i giornalisti piovuti da ogni parte si sono meravigliati della nostra calma, almeno apparente. In realtà, a parte le esagerazioni di chi è abituato a giudicare la storia alla stregua della cronaca, il voto italiano aveva una grande importanza non solo sotto l'aspetto delle sfere d'influenza che, purtroppo, dividono il mondo in due campi nettissimi, quanto per il confronto di due metodi. L'influenza sovietica si esercita oggi, oltre che con i mezzi consacrati dalla consuetudine degli ultimi secoli - la forza militare, che sarebbe la mano di ferro, e il guanto vellutato della diplomazia -, attraverso i partiti comunisti, che considerano l'Unione dei Sovieti una Patria d'adozione. Non bisogna ce~ere alla facile tentazione di affermare che i partiti comunisti ricevano ord'ini da Mosca: il comunismo può avere facce diverse a seconda dei luoghi e delle circostanze ambientali, ma l'ispirazione comune crea, almeno nelle « élites », un vincolo infrangibile, un 1·atio11abileobJeq11i111n, una solidarietà profonda, quasi mistica, che è più forte di ogni imposizione. A quest'arma nuova, potentissima, che cosa potevano opporre le potenze del blocco anglo-sassone per difendere i loro interessi se non la forza militare? Noi forse non conosciamo ancora tutti gli accordi che la dipromazia segreta d'ei cosidetti quattro Grandi ha concluso nell'ultima fase del conflitto. Gli accordi di Yalta hanno già dato l'impressione di una vera e propria divisione dell'Europa e del mondo in sfere d'influenza. Gli eventi cecoslovacchi, nei quali l'intervento sovietico fu evidente, mentre la reazione anglo-sassone si contenne nei limiti della protesta formale e delle campagne giornalistiche, ha rafforzato questa opinione. Ora nel caso di una vittoria comunista in Italia, pur senza interventi diretti russi, l'equilibrio si sarebbe spostato a danno degli americani. Washington e gli Stati del sistema anglosassone si sarebbero trovati in tal modo innanzi ad un grave dilemma: o accettare il fatto compiuto o intervenire apertamente affrontando tutte le conseguenze di una simile decisione. Alternativa indubbiamente penosa. La vittoria delle forze democratiche in Italia,• salvando, almeno temporaneamente, uno stato di cose accettato fin dal termine del secondo conflitto mondiale, non poteva dunque non creare un senso di profondo sollievo. Gli sconfitti hanno denunziato gli interventi stranieri nelle elezioni in Italia. La minacciata sospensione degli aiuti americani, la proposta di restituire Trieste all'Italia, le lettere inviate da taluni Paesi occidentali possono aver esercitato un influsso sugli elettori; ma non tale da mutare un orientamento ben definito dell'opinione. E la prova è nel fatto che i comunisti hanno mantenuto le loro

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