Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

12 NELLO VIAN concludeva argutamente: « Piovve un poco, ma grazie a Dio passai tra una gocciola e l'altra. Quello che m'ha fatto piacere è stato il consenso di tanti, anche lontani. Magari ci si educasse in Italia alla vera libertà» (1). Ma cosa pensasse, in fondo, il Salvadori del Santo non risulta nettamente dalla lettera più sopra pubblicata. Alcune parole («Non intendo bene che cosa abbian voluto condannare nel Suo romanzo ») potrebbero anzi lasciare incerto chi conosca il sentimento profondamente cattolico del Salvadori, se da altre parti non venisse testimonianza del giudizio che egli fece del protagonista di quel libro. Parlando, una volta, di San Gaetano da Thiene, rileverà: « lì il vet'o Santo vicentino, il vero riformatore del Clero, e il Fogazzaro.... ne aveva senza volere l'immagine vaga e anche un po' to1'ta dinanzi alla mente quando immaginò il Santo suo» (2). E usava contrapparre al « Santo » un altro personaggio storico prediletto, il cinquecentesco cardinale Gasparo Contarini, uno degli autori del Consi/ium de emendanda Ecclesia redatto per ordine di Paolo III, affermando che egli, con l'integra vita e l'opera autenticamente cattolica, aveva dato la reale immagine del santo riformatore. Attese con speranza la pubblic<\Zionedi Leila, e a persona che gliene aveva mandato in anticipa una nèirizia scrisse: « Ho letto la conversazione sul nuovo romanzo del Fogazzaro. E grazie. Speria(!lO sia fiore d'aroma salubre» (3). Il Salvadori non seguì solo l'opera artistica del Fogazzaro. Testimonianze anche più ampie restano dell'interesse che egli rivolse, almeno fino un certo momento, allo· sviluppa delle sue idee. Nel marzo '91, per una lettera indirizzata a Joseph Le Conte, con la quale lo scrittore veneto principiò a occuparsi dell'evoluzione in rapparto al pensiero religioso, gli aperse spontaneamente l'animo, che non sapeva contenere la commozione nel vedere in altri « la pietà intelligente per gli umili ». E continuava, francescanamente: « mi commuove ora in Lei sentita per le umili creature visibili, inferiori a noi, gli animali, le piante, le stelle. Non sono anch'esse in gran parte amabili e pure?». Gli parve di ritrovare qualche cosa dei concetti che lo avevano vivamente colpito, nella crisi di pensiero della sua giovinezza, quando Darwin gli era apparso quasi introduttore al cristianesimo. Espresse quindi, a lui, il suo consentimento « nel ritenere che le leggi supreme determinate dai naturalisti moderni, leggi che in somma dicono dolore e amore, armonizzino stupendamente con la legge unica d'amore paziente fino alla morte, data, insieme col perdono, a noi uomini colpevoli » (4). / ,. (1) Lettera del Salvadori al Crispolti, Roma, 6 giugno 1906 (inedita). (2) Lettere di Giulio Salvadori al duca Tommaso Gal/arali Scolli, pag. 36. (3) Lettera del Salvadori alla march. Cristina Honorati Colocci, Roma, 13 giugno 'IO ( inedita). (4) SAL"t,DORI, Le11e,e, pagg. 72·73.

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