Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

r34 RASSEGNE delle case popolari, da cui l'iniziativa privata si è da molti anni praticamente ritratta, e che copriva nell'anteguerra - comprendendovi le case degli Istituti autonomi e quelle dell'I.N.C.I.S., e basandosi sul periodo 1929-40 - circa il 12 % della produzione totale. Intanto, dal momento che la casa è un bene scarso, si deve pensare al modo di utilizzarlo meglio. Questo proposito ci porta a dover dire qualcosa sulla tlexata q11ae11io degli affitti. Il blocco dei canoni - questa specie d'imposta prelevata senza accertamento del reddito ed i cui frutti vengono dilapidati senza esame del bisogno - è una causa determinante di sperperi nell'utilizzazione dei locali disponibili, non venendo accompagnata da nessuna efficace misura di requisizioni ed assegnazioni - ove si prescinda dall'esperienza infelice e circoscritta dei Commissariati alloggi - la quale surroghi la funzione, che in mercato normale verrebbe svolta dai prezzi economici. D"altra parte, siamo consapevoli del fatto che, oggi, non diciamo lo sblocco dal dato attuale - che comporta -sviluppi di dinamica economica di indefinibile esito, nelle circostanze contingenti -, ma una situazione statica di libertà di prezzi in materia di affitti sarebbe svantaggiosa per la comunità; essa permetterebbe il più egoistico uso di quella forza quasi monopolistica di contrattazione di cui godono i detentori di beni nella attuale economia di carenza, col risultato che si arriverebbe presumibilmente persino a superare la cifra percentuale del '31 di locali non occupati. Non pensiamo dunque, per ora, ad uno sblocco totale, ma a tempestivi ed efficaci aumenti dei prezzi politici. Pare strano il caso che i due scatti recenti siano stati effettuati in periodi in cui più notevole era il rincaro stagionale di molti generi e più orientato al rialzo si presentava il costo della vita nel complesso. Per essere tempestiva, la decorrenza dei maggiori affitti dovrebbe essere prevista per periodi dell'anno di prezzi presumibilmente stabilizzati. Per essere veramente efficace - cioè per indurre una certa frazione degli inquilini, oggi ancorati alla loro casa, a cercarsi un'appartamento più modesto e proporzionato ai loro bisogni ed alla loro possibilità di spesa - gli aumenti dovrebbero essere piuttosto spinti, sino ad elevare il livello dei canoni per locali d'abitaziohe, nel giro d'un paio d'anni, ad almeno 20-30 volte quello del '38 (10-15 volte quello attuale, nella generalità dei casi). Con ciò non bisogna illudersi che saltino subito fuori molti appartamenti del tipo e della grandezza voluti per chi ne è senza. :E: necessario disporre le premesse; e lasciar tempo al tempo. Si possono prendere in esame, di corsa, altri aspetti della questione. Ad esempio, sembra necessario che gli aumenti siano applicati con criterio di gradualità, a scadenze prefissate, in modo che gli inquilini e i proprietari facciano i loro conti a ragion veduta. Ad una discriminazione preventiva degli aumenti per tipo di casa e condizioni di patrimonio e reddito - macchinosa e necessariamente semplificatrice - preferiremmo una successiva erogazione di assegni-alloggio, comunque studiati, dietro esame del bisogno. Usando l'arma degli aumenti contro il mal uso dell'inquilinato, lo Stato dovrebbe volgere quella dell'imposizione fiscale contro i proprietari. E ciò si consiglierebbe, indipendentemente dal prodotto del tributo e dalla destinazione del medesimo, per ovvie ragioni di psicologia sociale. Il peso dell'aumentato costo dell'alloggio per la classe operaia verrà in certa misura attenuato dal sistema della scala mobile. Non v'è da pensare che aumenti così studiati possano stimolare le nuove costruzioni, contro il principio di massima già illustrato. :E: vero che vincoli ed esenzioni hanno dimostrato sempre d'aver molto influsso sulla depressione o sull'espansione dell'attività edilizia, in Italia; ma, da un lato si manterrà ancor troppo viva l'impressione _dell'attuale stato di cose, dall'altro non si vede come una maggior di-

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