Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

RASSEGNE IJI Friggeri (1), il quale vorrebbe che l'obbligo avesse effetto a partire dalle aziende occupanti almeno 150 persone. Per quanto, in un certo senso, più draconiana, riveste maggiori requisiti di accettabilità l'affermazione dell'Arch. C. M. Celeghin (2), il quale - compiendo un accurato ed obbiettivo studio sul tema delle case operaie - dice chiaramente che il finanziamento delle costruzioni deve essere a totale carico dell'azienda, sia con mezzi propri che con mutui. Certo tale autore ha in mente, dicendo questo, le condizioni particolari di singole aziende e le loro attuali specifiche possibilità, e non si perde dietro la formulazione astratta di norme universali. Potremmo continuare in questa specie di rubrica di proposte (3), nella quale è spiacevole che ci si sia dovuti limitare a sommarie indicazioni, senza un più vivo, dettagliato e approfondito esame d'ogni singolo punto. Il lettore interessato avrà agio comunque, di rifarsi direttamente alle fonti di volta in volta citate. Ma il discorso ormai si è fatto lungo ed è tempo di tirare qualche conclusione. * * * Dando alloggio alla fine del '45, a 45,5 milioni di italiani (si presume che un milione appartenesse a convivenze) nelle 31560,2 migliaia di stanze rimaste disponibili, ne risultava una densità demografica di 1,44 persone per stanza. Da allora la situazione è migliorata, poiché, ad un aumento della popolazione di 800 mila unità al massimo (tenuto conto del movimento naturale e migratorio del '46-47, e prescindendo dalle modifiche verificatesi nei territori giuliani) ha fatto fronte l'acquisto di circa 1.350 migliaia di stanze riparate o ricostruite, supponendo compiuti entro il '47 i lavori in corso al 31 marzo (4). Con ciò il numero di persone per stanza viene ridotto ad almeno 1,41-1,42. Questo dato, confrontato al corrispondente di 1,37 persone per stanza al 21 aprile '31, fa pensare che la situazione, nel suo complesso, sia di ben _pocodiversa da quella vigente all'epoca del censimento. Si noti che, svolgendo i calcoli nel modo descritto, noi accettiamo un'ipotesi, la quale sembra trovi un palese riscontro nella realtà del giorno; che la gente sloggiata dalle case colpite sia andata a sistemarsi - poco importa che sia la stessa gente o meno - in quelle, che nel '31 non erano occupate. Certamente un mercato edilizio in cui tutti gli alloggi siano occupati non è un mercato in equilibrio, e ciò vale anche se esiste circa l'l % di stanze libere, contando fra queste le nuove costruzioni di guerra e i più passabili tra quegli espedienti nati dal bisogno pressante, che costituiscono l'esperienza d'ogni giorno. Quella ora descritta - d'un equilibrio d'emergenza, che il prezzo politico si incarica di mantenere con la più totalitaria, anche se non la più razionale, occupa- (I) Loc. cit. (2) Cfr. A. CELEGHIN, Elementi per la soluzione del problema della casa operaia in <<Operare», luglio•agosto I 947. Questo articolo fa parte di una collana di studi promossi dal Consorzio Iniziative Economiche Sociali sorto in seno al gruppo piemontese degli imprenditori e dirigenti cristiani, ed affidati ad un gruppo di architetti. Tali studi, ·che verranno pubblicati nei prossimi numeri della stessa rivista, costituiscono il lavoro più serio - nel loro complesso - dal punto di vista tecnicoeconomico, che in epoca recente sia stato compiuto in Italia. (3) Ci piace ricordare ancora il piano di finanziamento redatto per la ricostruzione di Milano dall'ing. Marescotti; cfr. « Il Globo» del 20 settembre '~5. (4) Si sommi il numero dei vani per i quali i lavori erano in corso aJ 31 marzo '47 a quello dei vani già riattati alla stessa data e si riduca - come sappiamo - il numero dei vani in numero di stanze, a caJcoli fatti si ottengono circa 1.350 stanze.

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