Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

RASSEGNE 123 Se lavori edili s'hanno a fare, si tratti di edilizia strumentale, di opere marittime, d'impianti idrovori, idraulici ed idroelettrici, di stabilimenti industriali, ecc. Secondo questo criterio di massima, si sono vigorosamente pronunciati il Campolongo (1) e il Boldrini (2). Simile è, in sostanza l'opinione del Bandelli (3), e di altri, tra i quali il prof. De Maria come vedremo. Naturalmente gli autori citati sono i primi a rendersi conto del fatto che il principio di massima ammette una serie di deroghe e limitazioni. Ad alcune di queste ha accennato J'arch. Gadola (4), a seguito dell'articolo citato del Boldrini; altre possono venir desunte dalle precisazioni, che il Campolongo fa, in tema di scala delle precedenze (5). f. ovvio che un minimo di alloggio è indispensabile perché fuomo possa lavorare. f: noto, d'altro canto, che in certe zone più colpite (nel Lazio e sulla linea gotica, soprattutto) neppure questo minimo è disponibile - e le campagne rimangono incolte perché i contadini, il bestiame, gli attrezzi mancano d'un tetto. In casi simili, la ricostruzione degli abitati è fuori discussione. E pure utile - si ammette - che si eseguiscano riattamenti edilizi quando questi, con poca spesa e sottraendo una modestissima aliquota di beni strumentali ad altri rami di produzione, rimettono in efficienza un numero considerevole di locali danneggiati. lò forse opportuno anche accingersi a costruir abitazioni in casi ben circoscritti, quando convenga non lasciar inoperosi dei fattori di produzione ed inutilizzati dei materiali agevolmente disponibili. E potremmo continuare negli esempi di accettabili limitazioni del principio fondamentale di cui si è detto. Ma, secondo il pensiero degli autori sopra citati, non si deve mai dimenticare che ogni deroga da quel criterio di massima, è una deroga dall'optimum di economicità nella ricostruzione, e che pertanto comporta un costo, il quale, per essere invisibile o difficilmente accertabile, non è per questo meno .reale. La controversia, di cui ci stiamo occupando, ebbe un'eco anche al Convegno di Economia e Politica industriale, tenuto a Firenze nei giorni 3-5 gennaio scorso, auspice la Confindustria (6). Nella sua relazione, il prof. De Maria aveva espresso l'avviso che gli stanziamenti statali in favore della ricostruzione edilizia - a scapito di altri settori più meritevoli d'attenzione - fossero eccessivi, e che questo risultasse in definitiva compromettere le possibilità di reinserimento dell'economia italiana in quella internazionale - con effetti, circa lo sviluppo della ricostruzione complessiva, che è facile immaginare. Tra le obiezioni mosse a tale punto di vista, la più importante e motivata venne fatta dal prof. Vi-to. In un articolo successivo (7), egli riprese l'argomento e l'osservazione allora svolta, per giungere alla seguente conclusione di massima: che proprio per ragioni di economicità complessiva della ricostruzione, oltre che di « equilibrio sociale» (8), è consigliabile un indirizzo di politica economica attiva, che eviti (l) Cfr. A. CAMPOLONGO, Ricostruzione economica de/11/Ja/ia. !Milano, 1946, pagine 172-184. (2) Su « 24 ore» del 16 ottobre '46 e nel n. 8, 1946, di « Congiuntura economica». (3) Cfr. « Tracciati », marzo-aprile '46. (~•)-Su « 24 ore» del 21 novembre '46 e su« Il Popolo» del 5 gennaio '47. (5) Op. rit., pagg. 109.112. (6) V. gli Atti del Convegno nel fase. III, 1947, della « Rivista di politica economica». (7) Cfr. F. VITO, I.A crhi del pemiero eco11omico conten,poraneo, in « Rivista Interna· zionale di Scienze Sociali», gennaio-marzo '47. (8) Ad illustrare l'applicazione che viene fatta, nel nostro caso, della nozione di equi• librio sociale, riteniamo utile una citazione dall'articolo predetto (v. pag. 14): « Che cosa è l'abbassamento del tenore di vita per insufficienza di alloggi se non l'onere imposto a una

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