I02 FERRUCCIO PERGOLESI al sovrano, alle quali questi, abdicando, rinundava, senza ledere in alcun modo i diritti della Nazione. Più delicato è invece l'altro aspetto della questione, della successione al trono del nuovo re, tanto sotto l'aspetto giuridico che sotto quello politico. L'assunzione di Umberto, ancora secondo Togliatti, sarebbe stata una « violazione aperta, flagrante, all'impegno costituzionale» da lui assunto: « tutti gli atti regolatori della questione istituzionale, dalla rinuncia del 1944 alla legge per il referendum del 1946, sono stati fatti non unilaterali ma bilaterali, conclusi cioè con l'accordo del Paese, dei suoi Partiti, del C. L. N., della Consulta, del Governo ». ·~ , E da tener presente che col r. d. 5 giugno 1944 n. 140 Umberto di ~:<. Savoia è nominato luogotenente del re; col successivo d. legge lgt. 25 giugno stesso anno n. 151 la qualifica è modificata in quella di « luogotenente del regno»; col d. legislativo lgt. 16 marzo 194~ n. 98 è poi stabilito che qualora la maggioranza degli elettori partecipanti al referendum istituzionale « si pronunci in favore della monarchia, continuerà l'attuale regime luogotenenziale fino all'entrata in vigore delle deliberazioni dell'assemblea sul.la nuova costituzione e sul capo dello Stato » (art. 2). Non par dubbio pefciò che in tal modo si è instaurato un ordinamento provvisorio, in base al quale per l'esercizio delle funzioni di capo dello Stato sarebbe dovuto rimanere un luogotenente. Non era stata prevista l'ipotesi di morte o di abdicazione del re, rimasto solo formalmente titolare dell'ufficio (« re non regnante »). Verificatasi tale ipotesi, la soluzione più corretta sembrava dovesse essere nel senso che rimanesse sospesa la successione anche semplicemente formale e continuasse la << luogotenenza » già instaurata. Senonché si è giunti a soluzione diversa. La via è stata appianata dalla lettera di Umberto al presidente del consiglio, nella quale, dopo l'annunzio della successione, si dichiara che ciò « non muta in nulla i poteri costituzionali esercitati in qualità di luogotenente generale, né modifica in alcuna maniera l'impegno assunto in confronto del referendum e della costituente». Umberto si dice infine « certo che il governo vorrà collaborare ancora con lui nell'interesse del Paese fino alla decisione della consultazione popolare». In tal modo, evitandosi una crisi di governo, anche soltanto formale, ed una qualsiasi modifica sostanziale dello stato di diritto già in atto, si spiega come il consigl_iodei ministri, superando divergenze iniziali e raggiungendo una soluzione di « compromesso » politico, abbia approvato il contenuto ·, del r. decreto 10 maggio 1946, n. 262 che riconosce il titolo di « re d'Italia » ad Umberto Il. Questi poi, non potendo (almeno momentaneamente) prestare innanzi alle Camere riunite il giuramento previsto dall'art. 22 dello statuto (giuramento che, del resto, non condiziona né la titolarità, né l'esercizio delle funzioni proprie dell'ufficio regio) ha solennemente giurato, nel proclama rivolto al popolo italiano, « davanti a Dio e alla Nazione di osservare lealmente le )eggi fondamentali dello Stato che la volontà popolare dovrà
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