EVOLUZIONE COSTITUZIONALE DELLO STATO ITALIANO ror egli provvederà in nome nostro a tutti gli affari dell'amministrazione ed eserciterà tutte le prerogative regie, nessuna eccettuata, firmando i reali decreti, i quali saranno contrassegnati e vidimati nelle solite forme ». La nuova luogotenenza in confronto alle precedenti ( attuatesi tra il 1848 ed il 1915) ha come elementi differenziali: a) anzitutto il motivo che l'ha determinata, consistente non in una circostanza di carattere temporaneo e materiale ( come una guerra, una malattia, un'assenza dal territorio dello Stato), ma una specie di incompatibilità politico-morale del re. In effetti, la dichiarazione di ritirarsi-dalla « vita pubblica » in modo « definitivo e irrevocabile », in seguito alla recisa e profonda ostilità manifestata contro la persona di Vittorio Emanuele III (ritenuto corresponsabile col fascismo del disastro della Nazione), anche da parte d'elementi non ostili all'istituto monarchico, equivalse politicamente ad un'abdicazione. Giuridicamente abdicazione però non fu, perché non incluse una rinuncia pura e semplice alla corona, permanendo la titolarità formale della qualità e le relative garanzie costituzionali; b) la delegazione dell'esercizio di tutte le f~nzioni re· gie, senza eccezione e limitazione alcuna ( a differenza dei precedenti casi di luogotenenza limitata agli affari ordinari od urgenti). Malgrado le sue innovazioni ed anomalie, la luogotenenza del 1944 è da ritenere giuridica· mente basata sull'ordinamento precedente (in cui l'istituto luogotenenziale determinato dalla necessità e consacrato poi dalla consuetudine), con continuità formale di provvedimenti, ma allo stesso tempo con il germe di trasformazioni costituzionali radicali. La base politica della nuova luogotenenza è da ravvisare nel consenso dei partiti politici costituenti il comitato di liberazione nazionale e la coalizione governativa. 8. - Si presumeva che tale ordinamento straordinario del potere monarchico perdurasse sino alla scelta popolare del regime istituzionale, demandato ad apposita assemblea ( secondo una prima disposizione) e poi ad un apposito « referendum », senonché, improvvisamente il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdicava e gli succedeva (in virtù dello statuto albertino) il figlio. Saliente ( nel contrasto delle valutazioni) l'atteggiamento del ministro della giustizia, Palmiro Togliatti, secondo il quale (1) l'abdicazione sarebbe stata « giuridicamente » un « assurdo », dato che il soggetto di essa aveva dichiarato di ritirarsi a vita privata già nel 1944, con atto irrevocabile e definitivo: « ciò è così vero, che il luogotenente in tutti gli atti ufficiali è designato non come luogotenente del re, ma del regno ». Si può rispondere che l'abdicazione non varia sostanzialmente lo stato di fatto e di diritto, anzi se mai perfeziona una rinuncia ali' esercizio dei poteri sovrani decisa nell'aprile 1944 in una forma insolita, escludendo così quella pura titolarità formale, che pur dava ancora delle garanzie costituzionali (I) L'ultima fellonia dei Savoia, «L'Unità», 10 maggio 1946.
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