QVADERNI DI ROMA RIVISTA BIMESTRALE DI CVLTVRA DIRETTA DA GAETANO DE SANCTIS . ANNO II · GENNAIO-APRILE 1948 - FASCICOLO 1-2 SANSONI· EDITORE •
ComitaJo di Redazione G, DE SANCTIS, presidente - R. ARNOU . G. COLONNETI1 G. ERMINI • A. FANFANI - P. P. TROMPEO Segretario di Redazione P. BREZZI Direzione e Redazione CASA EDITRICE SANSONI - VIA GA'ETA, 12 . ROMA INDICE N. VIAN: Salvadori e Fogazzaro (con lettere inedite) P. P. TROMPEO: L'azzurro di Chartres . Pag. L. STEFANINI: La poetica dell'ispirazione nei primi poeti della 20 Grecia . 32 M. F. ScIAGCA:L'autodissoluzione del pensiero moderno e il problema della restaurazione della filosofia . 42 M. PELLEGRINO:Umanesimo cristiano nella « Lettera a Diogneto » 53 A. PAGLIARO:Il linguaggio e il problema delle origini . 63 L. GIALANELLA: La scala del tempo nell'Universo siderale . 79 F. PERGOLESI: Evoluzione costituzionale dello Stato Italiano 96 G. STAMMATI: Il commercio estero italiano ed il « Programma di ripresa europeo » 110 Rlf.fsegne: La ricostruzione edilizia in Italia (B. COLOMBO). Note di cron«a: Cronache religiose (***) Cronache politiche (**) . Cronache letterarie (G. PETROCCHI) Cronache d'arte (A. PRANDI) . Manifesto del « Co1weg110Europa Ctl//lMa e ubertà » 122 136 141 145 149 158
SALVADORI E FOGAZZARO ( Con lett~re inedite) Il primo giudizio dato da Giulio Salvadori sul Fogazzaro è in una novella d'amore, e il fatto appare significativo della parte che il romanziere veneto ebbe nella sua vita giovanile di sentimento. La donna, una soave donna dal « pallore di perla » che incarna il suo ideale, accenna sopra un tavolino al protagonista « un volume dalla copertina azzurrognola sulla quale campeggiava a grandi caratteri neri la parola Ma/ombra». ,E tra lei e il meditativo e tormentato Emilio, nel quale con tutta evidenza traspare l'autoritratto, si svolge in quella tiepida giornata di marzo, intorno al libro che diventerà galeotto, un dialogo abbozzante già una critica a fondo morale: « - Ho letto, sa? - gli disse Alida .... - L'ha letto? e che ne dice? - Dico eh'è un bel romanzo, un romanzo che commuove ed affascina; ma.... non è vero. - Cioè: falso o, per dir meglio, fantastico nei due protagonisti, Corrado e Marina, e nel vincolo misterioso che li congiunge e li stringe insieme alla morte; vero, secondo me, nel fondo. - Ha ragione. Questa è anche l'impressione mia; lei ha trovato le parole per esprimerla. - Mi permetta una domanda indiscreta - disse a un tratto Emilio mutando tono. - Qual è dei personaggi che le piace di più? - La risposta, veramente, è difficile. Di quel romanzo, subito dopo la prima lettura m'è rimasta nella mente un'impressione molto viva, ma molto confusa. Qual è dei personaggi che mi piace di più? Marina, intanto, no. E troppo nervosa, troppo fantastica, e sopratutto troppo guasta perché io la possa amare. Mi pare un di quei frutti ancora freschi e coloriti di fuori, ma tutti putridi dentro dal verme che li rode. - Vero. - Edith, poi .... - Edith? - .... è proprio come la giudica Marina: troppo tedesca. Che vuole? Sarà virtù, non lo nego, quella sua timidezza incerta, irresoluta, che le impedisce di stender la mano a chi le cade a lato; ma non è la virtù come la intendo io » ( 1). Non più egli parlerà pubblicamente, forse per il pudore di aprirsi, dei romanzi fogazzariani; né di questo, sebbene pensasse di poterne dire « non qualche cosa di meglio, ma qualche cosa di più che non ne abbiano detto finora »; né del Daniele Cortis, che lo avvierà alla catarsi. Ma di Ma/ombra, appena alcuni mesi più tardi, sentì il bisogno di scrivere direttamente al (I) G. SALVADOR!, RinaJcimento, nella « Cronaca bizantina», 16 maggio 1882. l. - Quaderni di. Roma.
2 NELLO VIAN Fogazzaro, in un momento di crisi ( questo anno '82 segna appunto per lui, ventenne, la frattura con il mondo spirituale e morale della prima età). La lettera, dell'ottobre, si apre con un elogio all'arte, ma· per passare subito a ragionare di esperienze di vita ( 1). « Non lo dico per adularla: Ma/ombra è il solo dei romanzi italiani recenti che io abbia desiderato e dovuto leggere più d'una volta, e aggiungo che non mi sono mai pentito d'una nuova lettura. Non solamente per la sua bellezza d'opera artistica; la prima ragione per cui Ma/ombra m'è caro è quella stessa che gli ha diminuito le lodi di tutti i critici che pullulano dal fango letterario di questa nostra cara Italia, e lo ha fatto scomunicare da certi tali che mettono la libertà di pensiero a fondamento di nuovi dogmi e di nuove Chiese. Amo Malombra per quella forte vampa mistica che lo pervade tutto, per quella fiamma rossastra che batte sul viso ai personaggi principali della triste tragedia e anima le loro azioni e le loro relazioni d'uno spirito sconosciuto all'arte, ma fone non del tutto sconosciuto alla vita». In quelle settimane, il Salvadori aveva partecipato a Firenze a esercizi spiritici, e ne era rimasto profondamente turbato, come attesta un suo diario, dove si ritrovano quasi le stesse parole di questa sua lettera: « Nella sc\ç_ietàmoderna e dinnanzi alla scienza moderna, io credevo il dottor Faust divenuto impossibile; ma con gran dolore e con grande sconvolgimento dell'animo, m'accorgo che questo non è» (2). La confessione quasi drammatica del giovane colpì il Fogazzaro, che rispose il 23_ottobre da Vicenza ccn un'ampia lettera, da tempo nota nella sua parte centrale (3). Questo ne era il principio: « Egregio Signore. E vero, nella luce rossastra che, secondo Lei, colora Ma/ombra, vi è pure un riflesso di dottrine spiritiste. Noti bene, un riflesso e non più. La Sua lettera dice cose tanto lusinghiere per me, mi rivela un ingegno così colto e un animo così eletto, che io sento di doverle interamente aprire l'animo mio». Il significato di questa dichiarazione, di « spiritualista ardente », è stato colto per la sua storia intima. E così egli chiudeva, con larghezza di cuore: « Eccole, egregio Signore, le mie schiette opinioni sullo spiritismo, vocabolo che osai scrivere nella novellina da me pubblicata dopo Ma/ombra, Un pensiero di Ermes Torranza. Mi lasci sperare che le nostre relazioni, non finiranno qui. Mi scriva ancora, mi dica i Suoi dubbi, i Suoi turbamenti, con la sicurezza di trovare in me la più viva simpatia » (4). Fino da questo primo incontro, che per il Salvadori era stata spontanea effusione di sentimento, si delineano le rispettive posizioni morali: il gio- (I) G. 51\LVADORI, Lenere scelte e ordinate da Pietro Paolo Trompeo e Nello Vian, Firenze. I.e Monnier, 19<V5, pag. 15. (2) G. SALVADOR!, Le11ere, pagg. 11-12. (3) ToMMASO GALLARATIScorri, La. t"ita di Antonio fogazzaro, Milano, Mondadori [1934 ), pag. 90. (4) Lettera del Fogazzaro al Salvadori, Vicenza, 23 ottobre 1882. Parte inedita, dall'autografo.
SALVADOR! E FOGAZZARO 3 vanissimo scrittore, già tra il tumulto della battaglia letteraria, « dove si fa sentire più forte il turbine di tutte le ambizioni, di tutti i desideri, di tutta questa vita febbrile che strugge la nostra generazione», si rivolge all'uomo diventato oramai_illustre « con un colpo da maestro>>, il q~le « vive fuori della letteratura militante» e non sente 1 triboli d1 quella dura strada, con schiettezza e fiducia che colpirono naturalmente l'animo del Fogazzaro. Le lettere che gli indirizzò, in questa_ irrequieto tempo della. sua giovinezza, appariscono le più belle e intime tra quante sono note qegli anni avanti 1'85; e tutte risentono di quell'origine più spirituale che letteraria. Le risposte del Fogazzaro, che qui si pubblicano per la prima volta, si improntano di una simpatia umana e cristiana, rispondente con generosità a quella fi. ducia ( 1). Alla sua prima lettera, il romanziere dovette far seguire l'invio della novella Un pensiero di Ernies Tol't'anzct (2) ricordata alla fine di essa, probabilmente con una dedica gentile. Nella nuova che il Salvadori scrisse il 18 gennaio 1883 (3), la confidenza è cresciuta: il giovane sente di potersi aprire anche più, perché l'amico, « buono» come è, non può « sorridere dinanzi a certe debolezze del sentimento, che fra gli uomini di questo mondo bisogna soffocare sotto la maledizione delle convenienze sociali »; si rappresenta vivere « nel cerchio più alto e più veloce del turbine >>( è questa infatti, tra 1'82 e 1'83, la stagione della sua più intensa partecipazione alla letteratura periodica sommarughiana); confessa di avere dentro di sé« una forza che lo porta in alto contro sua voglia e che gli fa levar gli occhi alle cime più alte>>. Ma, nell'interiore travaglio e nell'urto con la realtà, qualora mancasse la fede di sé, « Dio ci tenga le mani sul capo, perché potrebb'essere la fine». Un nuovo appello, non senza singolarità nel giovane « bizantino » e parnassiano, è levato in fine ali' arte del romanziere « fiamma - non luce solamente, ma fiamma che illumina l'anima e la vita esteriore, rilevandone tutti i contorni, né rifugge dagli abissi più neri, e qualche volta prorompe nella vampa fosca della passione». Forse con brevità, ma « signorilmente gentile come Dante voleva la gentilezza», il Fogazzaro quasi subito riscrisse, informando di non avere ricevuto i « vecchi sonetti», la piccola raccolta sommarughiana Minime, che in quella lettera di gennaio il Salvadori gli aveva annunziato. E questo, in altra senza data ma di febbraio (4), gli tornò a parlare di essi, scritti pochi anni prima, ma· troppo inferiori ai suoi nuovi ideali («anche artisticamente, gli occhi hanno rotto la cerchia ristretta della mia persona, e hanno tentato d'abbracciare e di penetrare molte cose. Purché non s'abbas- (1) Le lettere del Salvadori al Fogazzaro si pubblicano da copie mandate dalla figlia di questo, Maria; le corrispondenti, dagli autograli, forniti con liberale cortesia dalla nipote, del Salvadori, signora Elisa Salvadoti Togna. (2) Pubblicata a parte nel 1882, Milano, ed. Brigola; poi, in Ftdele ed altri racco11ti. (3) SALVADOR!, Lettere, pagg. 15·17. (~) SALVADOR!, Leuere, pagg. 13-15. L'anno ivi dato deve correggersi, e la lette.a pospo,si a quella successiva, del 18 gennaio 1883.
4 NELLO VIAN sino vinti! »). E invocava, da lui, un altro romanzo che riscattasse dalla noia di « questi novellieri zoliani », contro i quali dure espressioni sorprendono, ancora, sulla bocca del Salvadori naturalista: « della melma che questa gente agita, senza ombra d'arte, per farla venire a galla, ne abbiamo proprio abbastanza ». La lettera del Fogazzaro, in risposta a questa, e scritta alla fine di quel mese, annunzia tra l'altro il titolo del nuovo romanzo, che doveva uscire solo al principio dell'85, e parla della sèconda edizione di Ma/ombra, sulla quale aveva fatto alcune domande il Salvadori. Vicenza, 26 febbraio '83 (1) ( Caro Signorc. Grazie della lettera e de' sonetti che mi paiono attestare un ingegno forte e colto assai. Più degli altri mi piace il 3°, Rinascimento. In tutti si sente forse che il pensiero e la forma poetica non sono ancora . ben maturi, ma vi si sente altresì un promettente vigore. Bravo, dunque; poiché il vento Le porta nobili ispirazioni, non gliele renda più con quella signorile noncuranza; se le rechi a casa e ne tempri per noi versi che suonino e creino insieme. l Sicché Ella mi chiede dei miei lavori. Le dirò che sto appunto scrivendo un altro romanzo. Si chiamerà Daniele Cot·tis. Non so ancora né dove né quando potrà uscire. Spero di condurlo a fine entro l'estate prossima. Nella seconda edizione di Ma/ombra ho solamente tagliato, qua e là, qualche periodo, qualche frase, specialmente nel capitolo L'orrido. Le sarò molto e molto grato s'Ella vorrà parlare pubblicamente del libro. Glielo mando perché Ella raffronti, se crede, le due edizioni. Sappia però che non intendo affatto, con questo, stimolarla a pigliarsi il fastidio di scrivere o, per meglio dire, l'incomodo, perché Ella rifiuterebbe quella sgarbata parola. Mi basta che qualche eletto spirito, come è certo il Suo, abbia per me alcuna stima, alcuna simpatia, si occupi, anche solo privatamente, di quello che SCCIVO. Mi voglia bene e mi creda sempre Suo dev.mo A. Fogazzaro Giulio Salvadori, come si è detto, non tornò a parlare in pubblico di Ma/ombra, né scriverà del Cortis, quasi per lasciarsi libero il campo agli alti e severi giudizi che avrebbe espresso nell'età matura. Per alcuni mesi non si ritrovano altre sue lettere al Fogazzaro. Il quale venne a Roma nella primavera di quell'anno, per raccogliere note e impressioni destinate al libro, che preparava (2), ma non risulta abbia cercato di vedere il Salvadori, che era andato in Toscana a riposare dalle fatiche letterarie e a saziare ( 1) Dall'autografo. (2) PIE11f> NARDI, Antonio Fogazzaro, Mondadori [2• ed. Milano, 1941), pagg. 183-190.
SALVADOR!E FOGAZZARO 5 il bisogno « di solitudine, d-'.ozio,di bestialità». Non doveva tuttavia trovarvi altro che una tregua, poiché tornato a Roma aperse, nel settembre, a Guido Mazzoni (1) e al Fogazzaro il suo tragico stato d'animo. Al romanziere, nella lettera del 30 di quel mese (2), confidava con un tono più raccolto quella sua estrema stanchezza morale, in cui « non solo il menomo sforzo, ma anche e più il pensiero dello sforzo, riesce d'un dolore che non si descrive », lugubremente concludendo che si trattava di « casi da medico, non da psicologo >>, e anche più crudamente, di « vie facili e aperte verso il manicomio o il camposanto». Aggiungeva una proposta editoriale per il Cortis, che Ferdinando Martini avrebbe desiderato pubblicare a puntate sopra una rivista. Il Fogazzaro rispose quasi subito, con la lettera che segue, trovando affettuose parole per quel turbamento di giovane. Vicenza, 4 ottobre ['83] (3). Caro Signore, no, io non ho pensato male di Lei; non ho' pensato che il Suo silenzio dipendesse da risentimento alcuno e neppure da dimenticanza. Io ho sempre conservato la cara memoria della cortesia ch'Ella mi fece scrivendomi per il primo e riscrivendomi poi con J' espressione di una simpatia che m'onora tanto; questa cara memoria l'avrei conservata ancora quand'anche Ella non mi avesse più scritto; e, venendo a Roma, avrei cercato di Lei con la fiducia d'esserne accolto amichevolmente. Mi fa molta pena quel ch'Ella scrive dell'animo Suo. Conosco per prova i tristi momenti di cui mi parla; e Le auguro dal fondo del cuore ch'Ella n'esca come ne sono uscito io, per vie più felici di quelle che nomina. Io sarei contento di accettare un'offerta ben lusinghiera per me, venendomi dal Martin i e da Lei; ma il mio romanzo, che esige ancora alcuni mesi di assiduo lavoro, è già proprietà dell'editore Casanova; il quale mi pubblicherà pure, entro l'anno corrente, spero, la Valsolda ritoccata e un' altra ventina di brevi liriche. La Sua lettera mi arrivò iersera. Ero fuori di città. Appena tornato Le rispondo con una fretta visibile; non è colpa mia se la ri~posta non sarà così pronta com'Ella desiderava. Mi rincresce tanto, Le ripeto, non poter accettare le proposte del Martini, a cui La prego voler significare questo mio sentimento sincero. Le stringe la mano con amicizia il Suo A. Fogazzaro Per i mesi che seguono fino alla primavera dell'85, mancano altri documenti di questo carteggio. Il Salvadori serbò probabilmente il silenzio (I) SALVADOR!, Lettere, pagg. 28-31; e cfr. 26-27. (2) SALVADOR!, Leuer,, pagg. 32·34. (3) Dall'autografo.
6 NELLO VIAN anche con il Fogazzaro, come con altri uomin.i che gli erano stati am1C1 in quella sua disancorata giovinezza (tra questi, il dotto e austero maestro aretino Gian Francesco Gamurrini). Nell'autunno '84 egli lasciò, come è noto, Roma per Ascoli Piceno, e qui avrebbe ritrovato la mèta spirituale, tornando cristiano nel cuore e nella mente. Poiché la vita di sentimento partecipò al mirabile moto rinnovatore, con una profondità che non è tutta ancora illuminata. Confessò egli stesso: « l'ultima verità [Dio] me l'ha data in compenso dell'ultimo sacrifizio: un sacri!izio.... che mi pareva grande, immenso, che credevo mi dovesse spezzare il cuore» (1). Per la parte umana, non dimenticò mai l'aiuto che in quel punto gli venne dal nobile scrittore veneto. Il libro del quale si era parlato più di una volta nel carteggio tra i due, Daniele Cortis, finalmente pubblicato negli ultimi giorni del gennaio 85, e letto dal Salvadori in un momento che non può ancora essere precisato, operò potentemente in lui, « incerto tra il suggerimento della passione e il dovere» (2). Nella vicenda di Daniele e di Elena egli scoprì la sua propria e quella della bella signora ascolana dagli « occhi lucenti»; e nell'epilogo della storia di romanzo, sentì il monito per la vitr- Allora, il suo, diventò « il puro amore immenso», e la via che aveva cuf1amente veduto macchiata di sangue gli si aperse libera e netta. La lettera, già nota da tempo (3), scritta al Fogazzaro tre giorni dopo il pubblico annunzio del suo ritorno al cristianesimo dato con l'ode Pet"la morte di Victot' Hugo, attesta quella drammatica lotta che coinvolse il senso e la ragione. Diceva alla fine: « .... una cosa Ella ha il diritto di sapere, ed è ia parte presa da Lei in questa opera divina sopra di me. Ella sa che il Cristianesimo non si contenta della ragione: vuol l'uomo intero, in quello che intende e in quello che fa, nel pensiero e nell'opera. E se, per assentirgli nel pensiero, contro l'opinione comune è necessario un certo coraggio, per far corrispondere poi le opere alle parole è necessaria alle volte una forza non contro gli altri, ma contro sé stessi, che non solleva senza strappare, qualche volta anche a costo del sangue. Daniele Cortis può intendere queste parole. Questa forza io devo in parte a Lei». L'intima testimonianza commosse l'anima di Antonio Fogazzaro, che rispose con una lettera contenente parole esemplari di umiltà cristiana e la confessione della propria spirituale esperienza ( 4). « Non m'insuperbì- ( I) Lettera alla zia Giannina Nenci Pistoj [Ascoli Piceno, 4 aprile 1885], in Lellere, pag. 40. (2) Così scrisse al Fogazzaro nell'aprile 1906, in una lettera che sarà riprodotta più avanti. (3) La pubblicò nella parte sostanziale T. GALLARATSI corrr,- La vita di Antemio Fogazzaro, pag. 143; ora, completa, in Le11ere, pagg. 42-44•. (4) La lettera non è stata ancora rintracciata nel testo intero. Era tra quelle mandate dal Salvadori al Gallarati Scotti, qualche mese dopo la morte del Fogazzaro; cfr. Lei/ere di GIULIO SALVADOR! al duca Tommaso Gal/arati Sro11i, estratto dalla « Rassegn:1 romana», anno IV, 1934, quad. 18, pag. 11. Parte è riprodotta dal GALLARATSI conr, La vi1a di A111011ioFogazzaro.,_ pag. 144.
SALVADOR!E FOGftZZARO 7 sco, no, del bene che Daniele Cortis le può aver fatto. Dio sa adoperartutto, per il bene, anche gli strumenti più indegni; ma godo tuttavia d' essere stato un tale strumento indegno. Ha ragione, l'esser cristiani importa di combattere battaglie fiere assai più contro noi stessi che contro gli altri. Queste ultime non sono poi tanto paurose. Vi è forse una orgogliosa compiacenza nell'opporsi, anche solo, alla folla. Ma le altre! le altre oscure battaglie, le altre dolorose vittorie 'tiella coscienza non hanno altro compenso che in una speranza immortale. Ella proverà come inebbria e qual fuoco di sovrumana gioia può infondere nelle lagrime, senza arrestarle ». Un incontro come questo tra due spiriti alti e meditativi non poteva che lasciare segni profondi. Nella prefazione del Canzoniere civile, la sua maggiore opera di poesia che raccoglie la vicina esperienza del rinnovamento, Giulio Salvadori volle qualche anno più tardi, nel 1889, attestare solennemente la sua riconoscenza per il Fogazzaro « che, da lontano, gli ha insegnato con l'arte sua come, pur restando nell'arte, si ~ossa purificare l'amore». E la lettera nobilissima che ne aveva avuto, « la più preziosa di tutte, scritta quando seppe che ero tornato a sentirmi e professarmi cristiano» (1), non cessò di ricordare con l'animo di allora. Tanti anni più tardi, al tempo della morte dello scrittore, ancora la rammentò: « Sono passati oramai venticinque anni da quel momento: quando egli seppe da me che la libertà per cui tanto avevo combattuto era tornata, mi scrisse con una commozione profonda e un'effusione del cuore che io non ho mai dimenticato né dimenticherò» (2). Per parte sua, il Fogazzaro mantenne anch'egli viva memoria della lettera che gli aveva dato annunzio del ritorno a Dio, maturato sopra le sue pagine, dell'uomo da lui confortato nell'oscuro travaglio della giovinezza (3). Al Salvadori stesso chiedente il permesso di fare quel ricordo nel suo canzoniere (4), aveva scritto con effusione: « Caro amico, le parole cui Ella accenna mi onorano tanto che non le dovrei accettare ma anche mi sono così dolci che di tutto cuore le accetto. Grazie»! (5) Tutti i posteriori rapporti tra i due restarono improntati di questi nuovi sentimenti, e si illuminano della gentilezza di quel singolare incontro ideale sulle pagine del Daniele Cortis. Quando il Salvadori scrisse, molti anni più tardi: « Il Fogazzaro mi dette l'esempio della rinunzia per obbedire a Dio. Il principio del rinnovamento è di Dio .... » ( 6), egli volle tuttavia distinguere nella sua spirituale rinascita la parte essenz_ialedella Grazia e quella accidentale avuta da ( I) Lettere di G. Salvadori al duca T. Gal/arati Scolli, cit., pag. 11. (2) Lettera al Gallarati Scotti, Roma, 26 marzo 1911, in Lettere, pag. 218. (3) Nell'agosto del '94, ne parlò a Ugo Ojetti (v. il libro di questo, Alla ,coperta dei /e11erati, ora nell'edizione di PIETRO PANCRAZI, Firenze Le Monnier, 1947, pagg. 93-94). ( 4) SALVADOR!, Lettere, pag. 66. (5) Lettera del Fogazzaro al Salvadori, Vicenza, 18 luglio 1889. Dall"autografo. (6) Così scrisse, in postille alla Vita del Fogazzaro del Gallarati Scotti, come questi riferì nel suo Rinnovamento di Giulio Salvadori. Roma, << Studium », ( 1932]. pag. 3 I.
• l 8 NELLO VIAN quel libro. Sul quale, pur da lui ritenuto artisticamente « il più bel romanzo » dello scrittore veneto ( 1), il giudizio che esprimerà risulta severo. Noterà, in margine quasi di quella sua antica lettura: « Ma la duplicità e l'incertezza in cui la mancanza del taglio netto lo misero, gli tolsero d'aver chiara la luce della coscienza, gli lasciarono nel cuore il pungiglione che lo tormentò tutta la vita». E ancora, evangelicamente: << Nel futuro il Fogazzaro dimenticò il neque nubent neque nubentur, sed erunt sicut angeli Dei in coelo » (2). Più ampiamente egli formulò il suo giudizio morale a questo riguardo, richiamando ancora una volta la sua esperienza giovanile, in una lettera al Gallarati Scotti: « Il Fogazzaro è il poeta del sentimento tenero, delicato, profondo, d'un cuore caldo e passionato che aveva bisogno dell'amore, che aveva bisogno della donna per salire a Dio, per ispirarsi e operare; e quando, essendo così, dette l'esempio della rinunzia per obbedire a Dio, fece del bene a me che, nel desiderio giovanile di vita, nell'egoismo dell'amore torto e nell'orgoglio ribelle, pensavo e sentivo che alla passione non si comanda.... Ma non è vero che nella sua poesia abbiamo spesso anche l'qstentazione di sentimento, e il sentimentalismo, falso, perché non manti~e quello che promette? Il F. è il poeta dell'amore ideale che, terminando nel pensiero, tra due persone non libere, può esser un principio di purificazione, ma non è la purificazione; ma, se è pensiero di donna d'altri, o comunque leggerezza che scherza col fuoco, e non lega né scioglie, è un compromesso con la coscienza che fa cercare quello che non si deve, che fa avere un altro oggetto esclusivo oltre quello per cui l'amore sopra ogni cosa è dovere e i minori subordinati ad esso, che è insomma una duplicità e una stortura degli occhi dell'anima. E non è anche questa un'antica falsità, quella del romanzo e dell'amor cortese, e che in fondo, diventata costume, si fissò nel cavalier servente e nella « pudica d'altrui sposa a lui cara»? (3). Tacendo il nome del Fogazzaro, per il quale egli non dimise mai la riverenza, ma con allusione certa al suo mondo morale e artistico, parlerà un giorno quasi con durezza di « quel salotto dove il grano d'incenso mistico fuma sui carboni accesi delle passioni sensuali » (4). Bellissima espressione, non di critico ma di moralista, che pur giunge a colpire il punto meno saldo dell'arte fogazzariana. Si potrebbe pensare che codesti giudizi siano frutto della più matura riflessione del Salvadori. In realtà, fino dal 1888, quando ancora non aveva scritto le alte parole della prefazione al Canzoniere civile, esprimendo a Filippo Crispolti il desiderio di vedere fatta da lui « la storia del lavoro \· (1) Ricordo comunicato dal dott. Giulio·Carcani. (2) GALLARATSI corri, li rfonovamenlo di G. Salvadori, cit., pagg. 32-33. (3) SALVADORI, Lettere, pagg. 284,285 (da lettera del 1920). (4) In tewra a Carla Cadorna, 1920 (SALVADORI, Lei/ere, pag. 293).
SALVADOR!E FOGAZZARO 9 poetico » del Fogazzaro, aggiungeva: « E ancora uscito, in volume, il Mistuo del poeta? Giorni sono, vidi sul Ft-acassa dei versi tratti di lì, che non avevo letto nella prima stampa, e che, come sentimento, non mi piacquero molto. Desidererei vedere nell'opera del Fogazzaro il frutto, sempre grande, d'una vera e piena vittoria; per parlare in linguaggio tecnico, lo vorrei veder passato dal dramma ali' epopea: ma ancora non mi pare il momento» (1). \ Quasi a completare una pagina del Mistero del poeta, dove è una « Leggenda del diletto » di asserita origine islamica, il Salvadori ideò la sua Leggenda dell'anima (2). Mandandola al Fogazzaro, nel 1892, accennava a quell'ampliamento soprannaturale cristiano del fondo puramente umano della parabola: « Ella vedrà che la prima idea è un po' trasformata; e perdonerà questa, che artisticamente è forse una profanazione: ma forse anche come pensiero non la disapproverà» (3). Il poeta gli rispondeva: « .... la Sua Leggenda del!'anima non mi ha fatto né poteva farmi, d_ispiacere. Forse, avendo io in mente quella leggenda in un'altra forma letteraria, avendola anzi, direi, piuttosto nel cuore che nella mente, non potei gustare appieno i Suoi versi. Questa è, com'Ella intende, una impressione tutta soggettiva e non può aver valore di critica » (4). L' « adolescente » ( 5) restava chiuso, così, nel suo ideale e irreale mondo di puro sentimento, quasi di sogno. Una «vittoria>> parve, al_Salvadori, il poemetto Eva (1891), in cui il Fogazzaro avrebbe « corretto » (6) il Daniele Cortis, rappresentando con un netto distacco morale le relazioni d'amore tra persone non libere. Grato al poeta che glielo aveva inviato, del « dono così gentile e caro », scrisse allora una lettera di delicata finezza. Gli diceva, tra altro: « Quella Sua storia di dolore e di speranza io la conosceva fin da quando fu pubblicata la prima volta. Con quale animo la leggessi, Ella, che forse ricorda ancora quanto io abbia vissuto con Daniele Cortis, lo può immaginare meglio che io non lo dica. Ho inteso bene che Eva era la manifestazione artistica d'una vittoria, tanto più grande quanto più oscura e dolorosa, della coscienza sostenuta da Dio, e mi son rallegrato tacitamente con Lei vedendolo sempre fedele coi fatti al santo proposito di sollevar l'arte al suo ufficio di purificatrice dell'amore. (I) Lettera del Salvadori a F. Crispolti, Mbnte S. Savino (Arezzo), 31 agosto 1888 (inedita). (2) Ora nei Ricordi de/l'u111ile !Ja/ia. Torino, Libreria ed. Internazionale [1918), pagine 319-321. (3) SALVADOR!, Lmere, pag. 77. (4) Lettera del Fogazzaro al Salvadori, Valsolda (prov. di Como), 7 settembre 1892. Dall'autografo. O) Questa definizione dal Salvadori data una volta del Fogazzaro mi è riferita dal dott. Giulio Carcani. ( 6) L'osservazione, sentita in casa Salvadori, venne espressa dal Crispolti in un articolo, che il Fogazzaro approvò. Cfr. P. NARDI, Antonio Fogazzaro, pagg. 362-363.
IO NELLO VIAN « Può intendere e amare il Suo poema chi· ha sentito non coli'intelletto ma col cuore Beatrice: e dopo si sia convinto che neanche Beatrice, e sia pur quella del Paradiso, può essere lasciata a chi abbia _a_ccoltoil dolce lume che salì dal mare di Tiberiade, se essa rende necessario l'inganno. Bisogna essersi sentito progressivamente conquistato da quella luminosa parola di dolore e d'amore, per capire, tremando, il giudizio di Eva: ma allora si capisce bene che quanto più d'inganno v'è tanto meno v'è amore vero, quanto più si cerca ricevere tanto meno si può dare » (1). Nel marzo 1903, con alcuni giovani amici, andò ad ascoltare una lettura di versi che il Fogazzaro tenne in Roma, per invito di un circolo studentesco di filosofia e lettere, che si adunava in un palazzo al Corso. La scelta delle poesie che faceva l'autore, sfogliando un suo libretto, incontrò quasi sempre il consenso del Salvadori; e che gli piacessero, lo si vedeva dagli occhi, dal sorriso, dall'applauso con cui salutava la chiusa di ogni composizione. Erano proprio le più vicine al suo sentimento, come a quello del poeta: da A sera fino a Samarith di Gattlan. I versi « Ed anche in me, talora, entrano insieme - Un folle atdor vitale che dispare, - Up dolce viso tenero che resta » del sonetto In San Marco di Venezia, «t'.cco, diranno, il dolce suo tesoro - Ecco le perle ove sapea trovar» dell'ultimo canto del Mistero del poeta, e « Parla, Signore, che il Tuo servo è qui» di Notte di passione trovavano tutti un'eco nel suo cuore. Solo al settecentescamente frivolo Amor amorum, allora inedito, che il Fogazzaro recitò a memoria, non ebbe commento favorevole. Ripensando certamente alla sua definizione dell'amico, a quel tempo più che sessantenne, con arguzia osservò che bisognava dirgli come Beatrice a Dante: « Alza la barba! ». Quanto ai romanzi, rilevò una volta che l'arte del Fogazzaro fa migliore prova nella presentazione di personaggi secondari, mirabilmente vivi e originali, che in quella dei protagonisti, per i quali egli non riusciva a « spogliarsi di se stesso» (2). Per il Piccolo mondo antico, uscito da qualche mese, rinnovò il pensiero espresso per il Daniele Cortis: « Sa Ella che io non ho ancora potuto leggere il Suo ultimo romanzo? Eppure ne son desideroso; perché spero ch'Ella abbia fatto salire un altro gradino nella Sua ascensione purificantesi, ali'Amore del quale è stato il poeta » (3). E nel Piccolo mondo moderno, scrisse all'autore di avere trovato « pagine d'intuito profondo e, a tratti, una nettezza di concetti e una libertà negli affetti, che m'hanno commosso e rallegrato » ( 4). Ma per il Santo intese di non potersi limitare al giudizio artistico. Nella condanna all'Indice I ( 1) SALVADOR!, Lettere, pagg. 76-77. (2) Ricordi testualmente comunicati dal dott. Giulio Carcani. (3) Lettera del Salvadori al Fogazzaro, Roma, 2 febbraio [1896] (inedita). (4) Lette~a del Salvadori al Fogazzaro, Roma, 12 giugno 1903 (inedita).
SALVADOR! E FOGAZZARO II del libro, pubblicata il 5 aprile 1906, sentì il dramma spirituale d'un'anima che gli era cara. Indirizzò allora al Fogazzaro, che richiesto d'un giudizio dal Giornale d'Italia aveva nobilmente rispasto: Silentium (1), una bellissima lettera, in cui la riverenza e riconoscenza antica si mescolavano alla libera parola amica di ammonimento e di richiamo. << Caro ed egregio Signore. Non posso restare in silenzio con Lei, davanti al fatto che ultimamente è veuuto a colpirLa, tanto più che adesso mi par d'intendere meglio il gemito dell'animo Suo. Se sapesse, se sapesse! Ora ho riletto con gioia la risposta a una delle solite domande indiscrete: Silentimn. Non intendo bene che cosa abbian voluto condannare nel Suo romanzo. Ricordo che ventun anni fa, proprio in questi giorni, io mi trovavo incerto tra il suggerimento della passione e il dovere, che sentivo non aver da me la forza di vincere, ma un suo libro m'aveva avviato a sentire come si possa purificare l'amore. E una purificazione ancora non compiuta, mio caro Signore; e benediciamo anche i colpi del ma~tello, se questi servono a formare un cuor puro alla carità di Dio, e quindi una mente che si schiuda al mistero con l'umile fede dell'amore operoso, e non giuri sulle negazioni e i dubbi di chi presume misurare con la mente sua la parola potente di Dio » (2). Antonio Fogazzaro, che rivelò in quei giorni tutta la generosità cristiana dell'animo, accolse gratamente quell'alta testimonianza di carità nella verità, e rispose con queste sole parole: « Sì, caro amico, benediciamo anche i colpi di martello e Iddio ci doni la costante volontà di lasciarcene plasmare!» (3). In questa circostanza, il Salvadori partecipò pubblicamente alla difesa dello scrittore, fatto segno come è noto a illiberali attacchi per il suo comportamento di fronte alla condanna della Chiesa, accettando di parlare in un comizio studentesco che si tenne nel cortile della « Sapienza » di Roma. Disse allora, improvvisando, come pai attestò in una sua lettera al Giornale d'Italia, queste significative parole: « Libertà per tutti, civiltà in tutto; rispetto alla libertà di coscienza; e che, in paese libero com'è il nostro, dove la religione cattolica è professata e riconosciuta, non sia vietato ad alcuno di riconoscere come legittima l'autorità che la rappresenta». E a Guido Podrecca, che seguì e lo accusò di avere parlato a nome di << una parte», replicò fortemente: «« Non d'una parte, di tutti: qua dentro non conosco parti politiche » ( 4). Il comizio terminò con la violenza, e il Salvadori finì per essere espulso malamente dal cortile. Facendo il racconto di quell'avventura a un amico, (I) PIERONARDI, Antonio Fogazzaro, pag. 578. (2) Dalla minuta, autografa, senza data. (3) Biglietto datato: Vicenza, 23 aprile 1906. Dall'autografo. (4) Lettera del Salvadari al direttore del « Giornale d'Italia», pubblicata in questo gior• nale, 5 giugno 1906. Nello stesso giornale, 7 giugno, apparve anche la nobile lettera di Alessandro D'Ancona per il Fogazzaro, ricordatacon ammirazionedal SALVAOORI, Leuere, pag. 296.
12 NELLO VIAN concludeva argutamente: « Piovve un poco, ma grazie a Dio passai tra una gocciola e l'altra. Quello che m'ha fatto piacere è stato il consenso di tanti, anche lontani. Magari ci si educasse in Italia alla vera libertà» (1). Ma cosa pensasse, in fondo, il Salvadori del Santo non risulta nettamente dalla lettera più sopra pubblicata. Alcune parole («Non intendo bene che cosa abbian voluto condannare nel Suo romanzo ») potrebbero anzi lasciare incerto chi conosca il sentimento profondamente cattolico del Salvadori, se da altre parti non venisse testimonianza del giudizio che egli fece del protagonista di quel libro. Parlando, una volta, di San Gaetano da Thiene, rileverà: « lì il vet'o Santo vicentino, il vero riformatore del Clero, e il Fogazzaro.... ne aveva senza volere l'immagine vaga e anche un po' to1'ta dinanzi alla mente quando immaginò il Santo suo» (2). E usava contrapparre al « Santo » un altro personaggio storico prediletto, il cinquecentesco cardinale Gasparo Contarini, uno degli autori del Consi/ium de emendanda Ecclesia redatto per ordine di Paolo III, affermando che egli, con l'integra vita e l'opera autenticamente cattolica, aveva dato la reale immagine del santo riformatore. Attese con speranza la pubblic<\Zionedi Leila, e a persona che gliene aveva mandato in anticipa una nèirizia scrisse: « Ho letto la conversazione sul nuovo romanzo del Fogazzaro. E grazie. Speria(!lO sia fiore d'aroma salubre» (3). Il Salvadori non seguì solo l'opera artistica del Fogazzaro. Testimonianze anche più ampie restano dell'interesse che egli rivolse, almeno fino un certo momento, allo· sviluppa delle sue idee. Nel marzo '91, per una lettera indirizzata a Joseph Le Conte, con la quale lo scrittore veneto principiò a occuparsi dell'evoluzione in rapparto al pensiero religioso, gli aperse spontaneamente l'animo, che non sapeva contenere la commozione nel vedere in altri « la pietà intelligente per gli umili ». E continuava, francescanamente: « mi commuove ora in Lei sentita per le umili creature visibili, inferiori a noi, gli animali, le piante, le stelle. Non sono anch'esse in gran parte amabili e pure?». Gli parve di ritrovare qualche cosa dei concetti che lo avevano vivamente colpito, nella crisi di pensiero della sua giovinezza, quando Darwin gli era apparso quasi introduttore al cristianesimo. Espresse quindi, a lui, il suo consentimento « nel ritenere che le leggi supreme determinate dai naturalisti moderni, leggi che in somma dicono dolore e amore, armonizzino stupendamente con la legge unica d'amore paziente fino alla morte, data, insieme col perdono, a noi uomini colpevoli » (4). / ,. (1) Lettera del Salvadori al Crispolti, Roma, 6 giugno 1906 (inedita). (2) Lettere di Giulio Salvadori al duca Tommaso Gal/arali Scolli, pag. 36. (3) Lettera del Salvadori alla march. Cristina Honorati Colocci, Roma, 13 giugno 'IO ( inedita). (4) SAL"t,DORI, Le11e,e, pagg. 72·73.
SALVADOR! E FOGAZZARO 13 Dell'altro discorso Per la bellezza d'un ideale, letto per la prima volta. il 2 maggio '92 (1), il Fogazzaro avrebbe desiderato di parlare con l'amico, al quale diede annunzio della prossima pubblicazione: «Lamia conferenza Per la bellezza d'un'idea deve appunto pubblicarsi nella Rassegna per intero. Sarei molto lieto di parlarne con Lei. Ha visto il mio discorso precedente su Darwin e Sant'Agostino? Se non l'ha visto glielo manderò da Vicenza dove san~ in ottobre. Certo posso errare ma di quanto scrissi sono profondamente convinto, direi religiosamente» (2). Dopo Vicenza e Venezia, Roma ascoltò nell'inverno del ·93 un nuovo discorso del Fogazzaro, quello sull'Origine dell'uomo e il sentimento religioso. Il Salvadori andò_a sentirlo, e ne scrisse subito a un amico, con ammirazione: « Qua ieri abbiamo avuto un bell'avvenimento letterario e morale: la conferenza del Fogazzaro al Collegio Romano. Troppo erudita forse, magari un po' arretrata come moda intellettuale, è stata però l'espressione d'un grand'amore e d'una grande idea: cuore acceso per tutti gl'ideafi, libertà di spirito, armonia di mente, parola vibrante e persuasiva. E il Fogazzaro è un carissimo uomo. Soprattutto bello è poi il coraggio semplice col quale rende testimonianza alla sua fede e l'espressione della fede stessa» (3). Delle tre conferenze tenute fino allora intorno alla contrastata materia, 9uesta romana fu la più discussa e suscitò la più larga trattazione nella stampa (4). Il Salvadori se ne preoccupò, e scrisse subito una lettera ali' amico, non solo per manifestargli qualche timore, ma anche per sollecitare un suo chiarimento. 21 marzo 1893. « Caro Signore ed amico, Ella avrà probabilmente seguito la polemica che s'è agitata sui giornali cattolici e sedicenti tali intorno alla Sua conferenza. lo, confesso, non l'ho seguita perché qon vedo ordinariamente i giornali che v'hanno preso parte: ma, con tutto ciò, mi permetto di manifestarle un pensiero che m'è venuto in mente a questo proposito, ed Ella poi ne tenga il conto che crede. L'unico pericolo serio che ne potrebbe venire da questa scaramuccia sarebbe che qualche amico degl'intransigenti lombardi ascoltato qua desse l'allarme alla Congregazione dell'Indice, sicché la Sua conferenza pubblicata in opuscolo ( I) Ne diede notizia al direttore del « Fanfulla della Domenica», con una lettera datata da Vicenza, 10. maggio '92, e che si trova tra le ·carte del Salvadori: prometteva di mandarne un brano al periodico, per il quale era stato richiesto dall"amico di collaborazione (afr. SAL· VADORJ, Lette,-e, pag. 78). E chiariva il titolo: « L"idea di cui si tratta è, com"Ella indDVinerà facilmente, la evoluzionista ». (2) Lettera del Fogazzaro al $,alvadori, Valsolda (prov. di Como) 7 settembre 1892. Dall'autografo. La conferenza si era pubblicata nella « Rassegna nazionale», il 1o>settembre. (3) Lettera del Salvadori a Giuseppe Cellini, venerdì mattina, 3 marzo [1893] (inedita). (4) GALLARATIScorri, La vita di Aflfonio Fogazzaro, pagg. 221-224.
14 NELLO VIAN venisse proibita. Siccome intendo e so che questo sarebbe per Lei, insieme · per tutti gli amici Suoi, un dispiacere non lieve, mi permetto di scrivergliene. Il punto che più potrebbe mettere sulla difensiva i teologi dell'Indice mi pare senza dubbio quello sull'origine dell'anima umana: mentre lasciano completa libertà (parlo s'intende degl'intelligenti e discreti) quanto all'origine dell'organismo umano, quella dello spirito l'attribuiscono ad un atto creativo diretto. Oltre a ciò, in questo momento, son tutt'altro che indulgenti verso tutto quello che sa di sistematicamente rosminiano: e in quel punto, se ben ricordo, e nella Sua conferenza e negli scritti precedenti, i vestigi delle teorie rosminiane sul sentimento e l'intuizione d'un principio di verità sono abbastanza palesi. Ora, Le dirò francamente, con la sincerità di chi rispetta e vuol bene, che proprio quel punto anch'io desidererei veder chiarito nel Suo pensiero; perché credo che J' analisi dei fatti umani, e specialmente della parola, ci metta a fronte d'un potere, non solo capace· di termini eccedenti i limiti dell'esperienza, ma anche d'argomentarne la realtà; e per conseguenza d'un che assolutamente nuovo nella storia del mondo. Ora il nuovo è qualche cosa su cui lo sviluppo antecedente non ha, mi pare, alcun diritto di creaz\?ne: il nuovo nel mondo è creato da altri che non è il mondo. Guardi, però, caro Sig. Fogazzaro: dico questo condizionatamente, perché non so se ho colpito giusto il Suo pensiero e potrebb'essere che combattessi un'ombra. In ogni modo (e mi perdoni se Le dico anche questo) perché non ne scrive al card. Capecelatro? Egli è uomo da intender bene la questione, e principalmente, quando veda la giustizia della Sua causa, da difenderlo con la propria autorità anche qua in Roma, quando ci fosse qualche accenno ostile. Ella segui ti a voler bene al Suo GIULIO SALVADOR!». Questo consiglio di rivolgersi all'illustre arcivescovo di Capua, il Fogazzaro lo aveva ricevuto contemporaneamente anche da monsignor Geremia Bonomelli. E all'uno e ali' altro di questi illuminati prelati egli aveva fatto proposito di mandare « tutta la parte della sua conferenza che riguàrda le relazioni della ipotesi evoluzionista con la dottrina cattolica e che può dar luogo a censure» (1). Al Salvadori mandò più tardi la conferenza stampata, e ne ebbe un'altra lettera, in cui si trovava compendiato il suo ideale programma: « che alla fede non si faccia esigere più di quanto essa esige; che alla scienza non si faccia dire più di quanto essa dice», « la gran conciliatrice, ora come sempre, è l'arte, l'arte verace e vitale» (2). Ancora, a proposito del suo scritto P1·0 libertate, dettato per replicare a una ( I) A. FOGAZZARO, Lmere scelte, a cura di 1'. Gallarati Scotti. Milan◊', Mondadori [1940], pagg. 270-272. (2) Lettera al Fogazzaro, Firenze, 22 settembre 1893, in SALVADORt, Lettere, pagg. 90-91. '(
SALVADOR!E FOGAZZARO r5 critica della Civiltà cattolica, il Fogazzaro ricevette dall'amico un'ampia Jet• tera intorno al novum che nella storia dell'evoluzione umana rappresenta· « il mistero della parola »: netta affermazione del principio spirituale, sul quale « lo sviluppo antecedente non può avere alcun diritto di creazione » ( 1). Di questo tempo è anche la lettera aperta intorno Il p1•oblema11eligioso in Jtaiia che Giulio Salvadori e Francesco Maria Pasanisi indirizzarono al Fogazzaro dalle pagine della Rasseg1a nazionale (2): ampia analisi e con• futazione della concezione meccanica materialista dell'universo, della quale si dimostrano i legami con il razionalismo illuminista, e animoso esame della storia politica contemporanea d'Italia in relazione al problema religioso. Con alte parole era detto al principio perché lo scritto portasse. in fronte quel nome. Il quale poteva attestare (si abbia presente la data) « come in una mente moderna la fede e la scienza possono vivere, non in un conflitto permanente e fatale, né in una quiete forzata ottenuta con prepotente violazione di limiti, ma in armonia viva e produttrice di vita; e inoltre, cosa anche più mirabile, che si può esser passati per tutte le vicende della crisi moderna con piena partecipazione di sentimento, e pur riuscire alla vita nova in una fede antica com'è la cristiana ». La lettera, che era stata scritta dal Salvadori (3), doveva essere seguita da due altre non più pubblicate: per le quali l'estensore non si peritava di confessare le sue « incertezze pratiche in argomento così scabroso » ( 4). Con grati• tudine, il Fogazzaro accolse quel segno di rispetto, esprimendo ai due il suo interesse per le idee esposte e formulando qualche rilievo ( 5). Fu questa l'ultima volta che il Salvadori e lo scrittore veneto, il quale parteciperà ardentemente al moto modernistico (6), furono in rapporti di idee intorno al problema critico della religione? Dalle lettere finora rintracciate così sembrerebbe di affermare, pur non escludendo che qualche conversazione si possa ancora essere svolta. In ogni maniera, altro fu essenzialmente l' at· teggiamento dell'Uomo di carità, che amò in quel tormentato tempo ri• · trovarsi piuttosto con gli altri « nell'azione modesta, dove un solo spirito addolcisce e congiunge, che nel campo del pensiero e della parola » (7). ( I) Lettera al Fogazzaro, Roma, 14 marzo 1894, in SALVADOR!, Le11ere, pagg. 92-95. (2) Si pubblicò il 1° novembre 1893. Riprodotta ora nel volume del S...LVADORr, Lei/ere aperte, Roma, « Studium », [1939). pagg. 134-158. (3) Si conservano lo schema e qualche tratto di mano del Pasanisi, che era protestante. Il contoouto radicale e progressista, di queste Te1i ca1toliohe (come si intitolavano), appare sostanzialmente trasformato dal Salvadori per la pubblicazione. (4) Lettera al Fogazzaro, Roma, 14 marzo 1894, in SALVADOR!, Le11ere, pag. 95. (5) FOGAZZARO, Lettere ,celte, pagg. 287-289, (al Pasanisi e al Salvado,i, rispettivamente cl.e! 1• ottobre e 10 novembre 1893). (6) Cfr. ]EAN R1v1ÈRE, Le moder11i,me da11J l'Eglùe; étude d'histoire religieuse con• temporaine. Paris, Letouzey et Ané, 1929, pagg. 307-309 e paJJim. (7) _T. GALLARATIScorri, Il ri1111ovame11d1i0 G. Sa/vadori, pag. 54: da lettera del 1907, scritta « a un amico che lo aveva invitato a scrivere in una rivista di studi religiosi ».
16 NELLO VIAN Nella vita, i due si strinsero in un'amicizia che si alimentava ai CO· muni ideali cristiani. Il Fogazzaro partecipò a quel singolare moto del1'« Unione per il bene», che raccolse negli ultimi anni del pontificato di Leone XIII uomini venuti da molte parti, in un eclettismo spirituale significativo del tempo e dell'azione irenica vagheggiata dal Salvadori; e al suo periodico, L'ora presente, diede la lirica Visione, esprimente l'ansia di liberazione dell'umanità peccatrice (1). Nel febbraio del '96, l'amico romano gli scriveva con desiderio: « Come Le pare che vada L'Ora presente? E perché non pensa a darci qualche cosa? E a Roma quest'anno non si vedrà?' L'anno è già inoltrato: con tutto ciò non sono meno sinceri e vivi i miei voti per Lei: si ricorda di quelle sublimi parole? Quaecumque vet"a,quaecumque pudica, quaernmque justiz,q11aec11mq11e amabilia,quaec11mq11esancta, si qua virtus, si qua faus; che tutto questo Dio voglia aumentare nella Sua mente e nell'animo. E creda all'affetto immutabile del Suo G. SALVA• DORI» (2). Per la via di quella rinascita cristiana, la figura del Fogazzaro appariva precorritrice e incitatrice. E alcune sue parole ad Antonietta Giacomelli suonavano animosa conferma del programma: « Tenete l'indirizzo cristiano in alto, la croce sull'albero maestro; ma prendete a bordo tutti coloro che vogliono venire » ( 3). Altri incontri, posteriori, nelle adunanze che saranno chiamate le « catacombe » del Santo, si trovano ricordati (4), senza tuttavia significare che il Salvadori abbia in qualunque ma· niera seguito, al tempo della crisi modernistica, quella << volontaria milizia irregolare del cattolicesimo». Della stima, anzi ammirazione del Fogazzaro per l'uomo che viveva consacrato al suo altissimo ideale religioso restano belle testimonianze. Nel '93, lodava lui e il Crispolti di « versi nobilissimi, ben raro frutto in Italia, di una rarissima pianta, il cui sentimento religioso è radicato nelle profondità più vicine dell'anima, in spit"ituet veritate » (5). E un anno più tardi, a Ugo Ojetti, parlava di lui come di « uno scrittore che ha sommo ingegno e vive chiuso nella sua idea come in un giardino» (6). Per generoso impulso, egli intervenne anche una volta presso il ministro dell'istruzione pubblica, Guido Baccelli, raccomandando la condizione dell'amico, ancora oscuro insegnante ginnasiale. Scriveva, tra altro: « So che V. E. deciderà, di questi giorni, se Giulio Salvadori deve continuare a correggere latinucci in un ginnasio di Roma o se gli verrà affidato un insegnamento più degno della nobile sua mente e della sua dottrina profonda. Io prego (1) ANTONIETTAGIACOMELLI, Ricordando Giulio Sali-adori, .Milano,« Amatrix », [19291. pag. 13; P. NARDI, Antonio Fogazzaro, pagg. 484-485. (2) Lettera del Salvadori al Fogazzaro, 2 febbraio [1896] (inedita). 1· (3) GALLARATIScorri, La vita d; Anto11fo Fogazzaro, pag. 331. ( 4) P. NARDI, An1011ioFogazzal'<J, pagg. 485-486, 494'. 0) FOGAZZARO, Lmere uelte, pag. 268. I versi sono quelli del Natale del MDCCCXC// per Don Cornelio Vi/la11i, monaco di San Paolo, novello 1acerdote. (6) U. OJETII, Alla scoperta dei le11era1;, pag. 93.
SALVADOR!E FOGAZZARO 17 quanto so e p<>ssola E. V. di considerare che il nome di Giulio Salvadori, se non è noto p<>p<>larmentein Italia, è tuttavia onorato fra noi da tutti gli studiosi di lettere; che l'umiltà magnanima con la quale egli accetta la sua sorte senza lamenti, senza inquiete ricerche d'aiuto, non gli deve nuocere .... Nel caso del Salvadori sono a considerare oltre ai titoli dei quali giudicò la commissione anche il nome chiaro e le virtù del l'animo veramente insigni e che nessuno in Rorva ignora. Il Salvadori non sa che io Le scrivo. Comuni amici mi hanno richiesto di ciò. Mi perdoni l'E. V. se l'ho fatto con tanta franchezza. Il linguaggio della franchezza onesta mi parve il più degno di Lei e di me» (1). Quasi per rendere il gesto cavalleresco, Giulio Salvadori sosterrà, dopo alcuni anni, animosamente la difesa dello scrittore, assalito per il suo ossequio alla Chiesa, dinanzi agli scolari dell'università romana. Nella più matura età del Fogazzaro, più rare diventano le testimonianze di questa amicizia. Il Salvadori che rimase lontano, come si è detto, dalla tormentata p<>lemicareligiosa nella quale lo scrittore si era impegnato, tacque con lui. L'ultima lettera conservata si inizia appunto con l'accenno a questo silenzio. « Ma ricordo - egli aggiunge subito, con amabilità, - una parola profonda d'una preghiera di Clemente Romano, secondo romano Pontefice: " Tu, Signore, che conosci i gridi di coloro che tacciono ''; e son certo di trovare in Lei un'immagine di questa pietà». E continua, delicatamente, richiamando il sentimento spirituale destato in lui da un breve dramma fogazzariano, rappresentante un eroico perdono di donna (la significativa allusione si innalza per il ricordo di una persona venerata, che è con ogni probabilità il padre Lorenzo Cossa): « Ho letto ultimamente una cosa Sua che non conoscevo, Il rit1·attomaschet'ato; e la pietà di Donna Cecilia m'è andata al cuore. Un uomo di vera sapienza mi fece gustare quelle pagine in un momento in cui sentivo la ribellione del Buon Ladrone, non per i tormenti suoi ma per il martirio che l'Innocente accanto a lui sosteneva per lui: e, non so come, quelle pagine lette da quell'Uomo, m'aiutarono ad amare e adorare il Segreto di bontà infinita che è nella passione dell'Innocente figlio di Dio e che rende accettabile e soave il tremendo ordine di Giustizia che la vuole. Accetti anche di questo la mia riconoscenza». La lettera, scritta la vigilia dell'ultimo onomastico di Antonio Fogazzaro, 12 giugno 1910, si chiudeva con un pensiero di sollecitudine verso persona cara, « cuore sincero e ingenuo, ma cosl difficile a spogliarsi di sé, e quindi cosl facile a essere sedotto da altri », a cui egli chiedeva che l'amico parlasse, con la sua « profonda intelligenza del cuore .... e il senso dei suoi misteri e di Dio ». Ma di più alta imp<>rtanza è il post-scf"iptttm, degno veramente di concludere questo éarteggio. Il ricordo, che pare ricapitolare quella amicizia di quasi un trentennio, si richiama alle spirituali avventure di altri amici e segna nettamente la p<>sizioneideale e pratica di Giulio Salvadori. (I) Lettera del Fogazzaro a Guido Baccelli, Vicenza, 26 maggio 1899 (inedita). 2. - Quci.lerni di Roma.
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