Quaderni di Roma - anno I - n. 6 - novembre 1947

520 :-IOl'E 1)1 CRON,IC1I E gli statuti troppo minuziosi, che lasciano al lcgislatiYo un margin~ ristretto, finiscono per logorarsi rapidamente. Se dai rilievi generali si passa a quelli più particolari. l'attenzione è allntla da taluni anacronismi che lasciano perlessi. Dalla giusta preoccupazione di tutebre le autonomie locali, si è passati ad un regionalismo che avrebbe potuto giustificarsi forse subito dopo la spedizione dei Mille, ma che oggi appar nettamente Wf'Crato dall'evoluzione econornicc, e politica del Paese. Il proh!erna del regionalismo è un problema nazionale di comunicazioni, di s,·iluppo industriale e agricolo che le regioni da sole non possono risohue. Mentre le autonomie locali e il decentramento sono un prezioso contributo alla formazione tiella coscienza civica dei cittadini, la tardiYa consacrnione elci regionalismi può rappresentare un artificioso rallentamento nell'eYoluzione degli Stati Yerso la consapevole unità. O i vincoli di partito saranno forti abbastanza per vincere queste 'franurc potenziali o questa parte almeno della Costituzione sarà consunta prestissimo dalla forza medesima della evoluzione storica. A parte le critiche, il problema che oggi si presenta è quello di applicare la Costituzione, cioè d'interpretarla. F. questo spellerà alle Camere. Qui il discorso ci conduce naturalmente al problema delle elezioni. Nei quasi due anni che sono passati dal giugno del 1946 il panorama dei partiti ha subìto una profonda trasformazione. ) All'estrema sinistra il comunismo, che era in Italia più che altro uno stato d'animo, si è rinvigorito fino ad assumere una struttura organizzativa unitaria compiuta in ogni particolare. Manca la formazione ideologica. come oggi si dice con brutta parola. e pare difficile formarla dall'oggi al domani. D'altro canto il P. C. come tale, per ora almeno, sembra a\'Cr esaurito la sua forza di attrazione. Di qui la necessità di espandersi sul terreno elettorale e politico con l'appoggio di elementi non comunisti nel senso rigoroso del termine. Da tale esigenza è nato il Fronte Democratico Popolare cui i marxisti (vedere relazione Dimitrof al settimo congresso della Internazionale Comunista, 1935) assegnano il compito di formare un go\'erno di transizione che prepari la conquista del potere da parte del comunismo "ero e proprio. Innanzi a questa coalizione di forze, la necessità di un blocco unitario si manifesta quasi spontaneamente ed è la ragione per la quale anche elementi laicistici sono convinti che per chiudere la via al comunismo non c'è che far blocco col partito più forte, cioè con la Democrazia Cristiana. Gli altri gruppi politici attendono di rice\'cre dal ,·oto una conferma: e l'esperienza più interessante è quella della socialdemocrazia che. sorta carne movimento di Hites. tende ad affermarsi tra gli clementi operai che aderivano al Partito socialista italiano e che ora sono turbati dalla identità di fatto di questo partito col comunismo. Il blocco nazionale raccoglie ancora i superstiti delle ,·ecchie concezioni politiche istintivamente conservatrici; appare appesantito dalla confusione in cui è caduto il partito Qualunquista per non aver saputo tradurre in norma d'azione alcuni presupposti nati dal malcontento di certi settori dell'opinione. Ora si pro/ila la possibilità che gli stessi stati d'animo si tra\'asino nel M.S.I. Ma è inutile indagare sulle previsioni: quando queste linee ,·erranno a luce, i risultati delle decisive elezioni del 18 aprile saranno già noti. • • GiH.TA)-0 Dt s,~cT1s, direuorc responsahilc "' Stabilimento ·\ristidc Staderini - Rom.t • \'i:1 Crescenzio, 1

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