ANTONINO PAGLIARO Che egli derivi la nozione del!' unum t1:mplicissimum dalla filosofia aristotelica importa poco, se la sua applicazione alla considerazione della lingua è assolutamente nuova e conouce a tali risultati. Che cosa fa la scienza glottologica moderna se non individuare un dominio linguistico in base ad alcuni caratteri, fatti di fonetica, di morfologia, di sintassi, di lessico, i guaii singolarmente e nel loro complesso vengono considerati distintivi di guella unità? E, d'altra parte, guale altra realtà positiva hanno le nostre ricostruzioni di una comunione arioeuropea, del protogreco rispetto ai dialetti storici, del latino volgare rispetto alle lingue romanze, se non guella del genus rispetto alla specie e agli individui? È da attribuire a grande merito l'avere Dante portato la nozione astratta contenuta nell'u11um aristotelico, che si immedesima nel genus, sul piano deJl'universalità concreta, storica, in cui la lingua si attua come unità, pur nella varietà delle parlate particolari che ne costituiscono la specie. È guest'esatta visione di una reale unità sostanziale in cui s'inseriscono gl'idiomi romanzi, che lo ha portato a postulare l'ydioma tripharium e a non identificarlo con il latino letterario, come sopra si è visto. Lo stesso principio ora lo conduce all'individuazione di una lingua italiana, di cui vede l'essenziale carattere distintivo nel sì dell'affermazione, ma di cui ha, come già si è accennato, rilevato l'altissimo pregio di essere la forma romanza più vicina a! latino della tradizione colta. La realtà constatata lo guida da dialetto a dialetto, poichè la realtà linguistica naturale è necessariamente differenziata; epperò, egli avverte, al di sotto di tale differenziazione, guel fondo comune in cui si concreta l'italianità linguistica. È da mettere in rilievo come Dante ponga la lingua sullo stesso piano dei costumi e degli istituti, in cui si determina la fisionomia storica di una comunità, ossia la nazione. Non è frequente trovare associati guesti fattori a determinazione di una distinta unità nazionale <•> A Dante non bastava postulare l'essenza deJl'italianità linguistica in astratto, giacchè, piuttosto, tale postulazione era in funzione di una ricerca concreta di una lingua comune, che potesse assurgere ad espressione di arte. Era guesto il fine ultimo della sua indagine, la legittimazione di una lingua comune, di un volgare italiano comune, non, beninteso, come lingua per tutti gli usi, ma come lingua di elezione (v. sotto), e, per arri- {4) La grecità linguistica, prima della prcvaicnza dell'attico, si trovava in analoghe condizioni. \ differenziata in parecchi dialetti di cui qu:ikuno ~l\'evafortun:1 letteraria cospicua. Pure agli Spartani', i qu:1li temevano che Atene si alleasse con ;-1hri contro di loro. gli Ateniesi così replicarono, secondo le parole di Erodoto Vili, 144: <e Mòhc e gr:rndi sono le ragioni che ci impediscono di forc ciò. Primo ... ; secondo, la grecità, l'essere dello stesso s:rnguc e delb stessa lingua, 1':1vcrc in comune templi e riti e costumi affini; tradire questo non sarebbe bene per gli Ateniesi ». ~
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