494 ANTONINO PAGLIARO gire a Dante che i termini romanzi venivano ad identific arsi nel latino; eppure da ciò non ha tratto la conclusione di un'identità fra il latino e l'ydioma tripharium. A questa identificazione evidentemente si opponeva la con cezione del latino come lingua grammaticale, perciò fissa ed immutab ile: « lo latino è perpetuo e non corruttibile e lo Volgare è non stabile e corruttibile» aveva affermato nel Convivio (!, iii, 7). Nel De vulgari eloquentia tale concetto è fortemente ribadito (v. sopra) e al volgare si att ribuisce, a differenza di quanto era stato detto nel Convivio (« lo volgare seguita uso e lo latino arte: onde concedesi esser più bello, più virtuoso e più nobile ,> I, v, 14), una maggiore nobiltà, sia per la sua priorità e l'e stensione d'uso, sia per la sua conformità a natura, I, i, 4: « harum quoque duarum nobilior est vulgaris: tum quia prima fuit humano generi us itata; tum quia totus orbis ipsa perfruitur, licet in diversas prolationes et vo cabula sit divisa; tum quia naturalis est nobis, cum illa potius artificialis ex istat ». Cosa sarà stato l'ydioma tripharium, che è alla base delle tre lingue romanze, Dante non dice esplicitamente. Non dice che sia il latino, lingua letteraria irrigidita, ma sembra che voglia riconoscere in esso un volgare, appunto perchè suscettibile di svolgimento. Naturalmente, non oseremo dire che egli abbia creduto in un latino volgare della maniera che lo Schuchardt è riuscito a intravvedere e che costituisce ora i l canone fondamentale della linguistica romanza. Ma lo sviluppo del s uo argomentare porta necessariamente alla nozione di una lingua parlata, di cui il latino letterario, il latino dell'uso colto medievale, sarebbe stato la forma grammaticale. Una connessione fra il volgare e il latino è pre sunta dal fatto che Dante attribuisce alla lingua del sì il pregio di essere la più vicina alla lingua grammaticale, I, x, 4: « magis videtur inniti grama'tice que communis est». Assai probabilmente comm,mis si riferisce, non al carattere generale della grammatica, quale era identificata nella struttura logica del latino, bensì all'elemento genetico comune alle tre l ingue romanze, considerato in rapporto al latino letterario. In conclusione, Dante non identifica l'ydioma tripharium e il latino della tradizione colta, poichè ha una netta visione della differenza fra la fondamentale comunione di un dominio dialettalmente differenziato e la lingua di uso comune, cioè unità linguistica, volontaria, cosciente. Questa unità linguistica coscient e Dante sa bene che l'ebbero i Greci, l'ebbero i Romani, ma altri popoli non l'hanno, nè tutti gli uomini di una comunità ne sono in pcssesso, poic hè la partecipazione ad essa è frutto di studio e di applicazione volitiva , I, i, 3: « Est et inde alia locutio secundaria nobis, tjuam Romani gramatic am vocaverunt. Hanc quidem secundariam Greci habent et alii, sed n on omnes; ad habitum vero huius pauci perveniunt, quia non nisi ·per s patium temporis et studii assiduitatem regulamur et doctrinamur in illa » . ..
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