Quaderni di Roma - anno I - n. 6 - novembre 1947

LA DOTTRINA LINGUISTICA DI DANTE Nel canto XXVI del Paradiso è, com'è noto, posta in bocca ad Àdamo l'affermazione che la lingua umana al tempo della torre babelica non era più la sua, ormai trasformatasi nel corso delle generazioni, al punto da potersi dire « tutta spenta», vv. 137-8: chè l'uso dei mortali è come fronda in ramo che sen xa ed altra viene. Nel trattato il modificarsi delle lingue nel tempo viene posto nel quadro dell'incessante rinnovarsi dei costumi e degli atteggiamenti, nei quali come in forma mutevolmente perenne si traduce la continuità delle generazioni, I, ix, 6-10: « Cum igitur omnis nostra loquela ... sit a nostro beneplacito reparata post confusionem illam que nil aliud fuit quam prioris oblivio, et homo sit instabilissimum atque variabilissimum animai, nec durabilis nec continua esse potest, sed sicut alia que nostra sunt, puta rp.ores et habitus, per locorum temporumque distantias variari oportet. Nec dubitandum reor modo in eo quod diximus temporum, sed potius opinamur tenendum; nam si alia nostra opera perscrutemur, multo magis discrepare videmur a vetustissimis concivibus nostris quam a coetaneis perlonginquis ... Si ergo per eandem gentem sermo variatur, ut dictum est, successive per tempora, nec stare ullo modo potest, necesse est ut disiunctim abmotinque morantibus varie varietur, ceu varie variantur mores et habitus, qui nec natura nec consortio confirmantur, sed humanis beneplacitis localique congruitate nascuntur ». Cioè: « Poichè dunque, ogni nostra parlata ... è stata ricostituita a nostro piacere, dopo quella confusione che altro non fu se non oblio della lingua precedente, dato che l'uomo è animale instabilissimo e variabilissimo, non può essere duratura, ma come tutte le cose che sono di noi, ad esempio costumi ed atteggiamenti, deve differenziarsi per distanza di luoghi e di tempi. Nè credo che si possa dubitare riguardo a ciò che testè abbiamo detto" di tempi", anzi ritengo d; dovervi insistere; infatti, se consideriamo bene le nostre altre opere, appare chiaro che noi ci differenziamo di gran lunga più dai nostri remoti concittadini che dai contemporanei più distanti ... Se, dunque, una parlata si muta attraverso il medesimo popolo, come si è detto, successivamente, nel tempo, nè può in alcun modo rimanere fissa, è necessario che variamente si differenzi per quelli che abitano distanti e separati, così come variamente si differenziano costumi ed atteggiamenti che, nè da natura, nè da legge convenuta sono resi stabili, ma nascono secondo il capriccio umano e per locali solidarietà». In quest'ultima frase abbiamo inteso consortium come la norma che si stabilisce nel consorzio umano, l'intesa cJ1e può mettere le cose umane mutevoli sullo stesso piano di quelle che non sono mutevoli per natura. Le lingue mutano sino a tanto che una volontà emersa dalla comunità come norma non le

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