Quaderni di Roma - anno I - n. 6 - novembre 1947

LA DOTTRINA LINGUISTICA DI DANTE Del De vulgari eloquentia Alessandro Manzoni diede, com'è noto, un giudizio negativo. Nella lettera indirizzata a Ruggero Bonghi, a scusa di non aver fatto cenno del trattatello dantesco, nella relazione da lui stesa per conto della commissione incaricata dal Ministro Broglio di riferire sull'unità della lingua e sui mezzi di diffonderla, egli afferma: (< Riguardo alla questione della lingua italiana, quel libro è fuor de' concerti, poichè in esso non si tratta di lingua italiana nè punto nè poco ». E ancora: « Dante era tanto lontano dal pensare a una lingua italiana nel comporre il libro in questione, che alla cosa proposta in quello non dà mai il nome di lingua ... Se Dante non diede al Volgare illustre il nome di lingua, fu perchè, con le qualità che gli attribuisce, e con le condizioni che gl'impone, nessun uomo d'un buon senso ordinario, non che un uomo come lui avrebbe voluto applicargli un tal nome» (Nuovi scritti sulla lingua italiana, Torino 1868, p. 26). Il giudizio è palesemente ingiusto e non si può spiegare se non con il molto amore che quel grande ebbe per la tesi « toscana » e con il conseguente desiderio di togliere o sminuire agli avversari di essa l'accampato sostegno della testimonianza dantesca. Contro la prima affermazione sta tanta parte del primo libro qel trattato, in cui si parla di lingua del sì e di vulgare Latium. Quanto alla seconda, è palese che la denominazione di «volgare» vuol mettere l'accento sul carattere, che qualifica la lingua di uso comune, nei confronti della lingua colta, del latino, che è per Dante ancora « lingua nostra» (Purg. VII, 17); d'altra parte, almeno una volta egli chiama lingua anche il volgare illustre (« hoc enim usi sunt doctores illustres qui lingua vulgari poetati sunt in Ytalia >> I, xix, 1) e dà lo stesso nome, oltre che alla comunione linguistica del sì, come a quelle d'oil e d'oc (« tertia quoque - lingua è sottinteso - que Latinorum est ... » I, x, 3-4), anche alle parlate dialettali(« lingue hominum variantur, ut lingua Siculorum cum Apulis, Apulorum cum Romanis, Romanorum cum Spoletanis, horum cum Tuscis ... » I, x, 8). 11Manzoni giudica che Dante abbia inteso parlare solo « del linguaggio della poesia, anzi di un genere parti-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==