ROMA E LA RIVOLUZIONE DELLA CROCE 47'i Ma, di colpo, il Cristianesimo si trovava impegnato in un dramma: l'opposizione tra esso e l'Imperatore Romano non avrebbe tardato a manifestarsi. Dobbiamo intendere bene fino a che punto fosse inserita nella fatalità degli eventi. Abbiamo or ora osservato che l'ordine romano, che la pace romana avevano favorito l'espansione cristiana; ma al tempo stesso sono proprio questi fatti che dovranno determinare il dramma in cui si troveranno di fronte il Cristianesimò e la romanità. La mirabile organizzazione dell'Impero, così come esisteva nel primo secolo, capace di assicurare la felicità dei sudditi, appariva infatti alla coscienza antica, per la quale· tutto dipendeva dal Destino, dal Fatum, come una manifestazione della potenza divina. Questa convinzione s'era concretizzata in una forma religiosa che era sorta fin dal tempo cl' Augusto e s'andava di continuo sviluppando: il culto imperiale, il culto di Roma e Augusto. Roma e Augusto, è l'espressione divinizzata del benessere sulla terra, d'un regno che non è nel cielo, ma quaggiù. È la prosternazione dell'uomo davanti alla forza, quando questa sembra garantire l'ordine. Basta ascoltare due piccole frasi pronunziate da Gesù per misurare fino a che punto la cosa fosse inaccettabile per un cristian::i: « li mio Regno non è di questo mondo!» e « Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio!». Per il solo fatto dunque che il Cristianesimo era venuto a contatto con l'Impero, i cristiani che negavano il culto di Roma e Augusto, che non potevano assolutamente parteciparvi, si trovavano nella situazione di non-conformisti, di ribelli. Da qui il dramma sanguinoso che si prolunga per tre secoli ed è chiamato Persecuzione. La storia delle persecnzioni fa mirabilmente capire come i princ1p1 stessi del Cristianesimo, principi di sacrificio totale, di carità e di dolcezza, abbiano potuto essere il più efficace lievito rivoluzionario e alla fine dei conti rovesciare il loro carnefice. Cominciata nel 64 sotto Nerone, la persecuzione durerà fino al 320, il che vuol dire che per 260 anni, anche quando c'era una tacita tregua nella violenza (e qualcuna durò quasi trenta anni) un cristiano non era mai sicuro di non essere preso la mattina seguente dalla polizia imperiale e trascinato al pretorio, o di non trovarsi sull'arena d'un anfiteatro di fronte a un leone inferocito. È proprio questa atmosfera d'orrore e di terrore che dobbiamo cercare di cogliere per misurare quel che fu l'eroismo sempre rinnovato di quelle generazioni di fedeli che all'abiura preferirono la morte tra i più atroci supplizi. Quando si pensa a questi martiri, si è spesso portati a dimenticare il lato orribilmente realista della loro storia. Poichè il racconto della loro Passio ce li mostra assai spesso mentre cantano nei supplizi ed hanno sulle labbra solo preghiere e grida d'amore, noi dimentichiamo quel che mate-
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