RASSEGNE 443 generale, da 148 a 140; li vide poi ridursi a g6 sui primi del sec. XV, quali rimasero sostanzialmente fino al 1561; desolante fenomeno che si ripete anche in tempi a noi molto vicini, chè nel trentennio 1881-19n la sua popolazione scendeva da 520.000 a 472.000, mentre quella della restante penisola presentava notevole aumento. Con gli Spagnuoli che rimasero in Sardegna circa quattro secoli e poco meno nel Reame, migliore difesa del territorio, umiliazione del baronaggio politici fino allora riottoso e semisovrano, fortunata politica di accentramento e di assolutismo. Ma in· sieme si manifestarono in pieno i difetti dell'ordinamento politico e finanziari o di quel dominio. Anzitutto il compito della difesa del bacino occidentale del Mediterraneo contro la marea turca, e il bisogno di perseguire sogni di potenza, rive latisi ben presto assai più vasti delle possibilità finanziarie dello Srnto, condussero a d a~- soggettar il Mezzogiorno ad una politica fiscale che gravò rudemente sulla sua arretrata economia. E poi, ogni ramo della pubblica e privata attività poggiò sul privilegio addormcntatore; fu compressa o finanche negata la Ebertà manifatturie ra e commerciale; donde difetto di quella concorrenza che è il segreto e la condizione fondamentale per l'affrancarsi della vita di un popolo. Quelli del dominio spagn uolo furono secoli· tremendi per l'Italia meridionale, le cui conseguenze si manifesta rono tanto più gravi e tanto più a lungo, quanto più pregiudizievoli riuscivano p er il Mezzogiorno gli effetti della contrazione del commercio, più grave l'impoverimento del paese. Nè alla tanto depressa pubblica e privata economia potè recare rimedio il postc - r;ore governo dei Borboni, i primi dei quali erano animati dall'intento di risoll evare il paese dalla depressione del governo vicereale. Chè era impossibile rimediar e in .breve ai difetti fondamentali della costituzione sociale del Mezzogiorno - il cui precipuo lato negativo fu di non avere una borghesia operosa cd attiva con coscienza di classe e con interessi propri da far valere. Nè alle proposte innovatrici della pattuglia progressista del paese rispose sempre la conforme azione del principe illuminato del sec. XVIII. Nè durevoli furono gli effetti dell'innovatrice legislazio ne e l'azione del periodo francese. Nè dalla restaurazione in poi, le direttive della politica finanziaria ed economica furono sempre volte a rassettare e promuovere la pubblica e privata ricchezza. La politica finanziaria dei Borboni, soprattutto nei quaranticinque anni dal 1815 al '6o, fu costantemente guidata dall'intento di richiedere il meno possibile in tributi, ma anche di spendere il meno possihile. L'agrico ltura potè in tal modo fare qualche passo avanti, anche perchè la terra migliorata no n fu sottoposta ad aggravio di tributi fino al 186o. Ma le poche manifatture del regno vennero su stentate e fozze, e vissero come in un ambiente di stufa, all'ombra delb protezione doganale. Difettando gravemente le strade, il commercio era fatto in gran parte a basto; quello estero era ridotto a cifre modestissime; la marina merca ntile, non ostante annoverasse uno dei primi piroscafi a vapore della penisola, aveva pressochè dimenticate le vie dell'oceano, e si limitava quasi soltanto al cabotaggio nel Mediterraneo. Proprio l'opposto della politica del Piemonte, che mirando a sviluppare le forze economiche del paese, sotto l'intelligente ed insonne guida soprat tutto del Cavour, non dubitò di richiedere il massimo dei tributi, coi quali lo dotò largamente di strade, di ferrovie, di canali, di scuole, di bonifiche, di opere pubb liche varie. Quando nel 186oil Mezzogiorno - che godeva il privilegio di non avere debito pubblico, a,·eva un'agricoltura estensiva, era limitato nella sua iniziativa da grave scarsezza di capitali, aveva un largc, proletariato contadino rozzo cd analfabeta nella sua quasi totalità, una ristretta classe di proprietari tuttora organizzata su basi feudali, monopolizzatrice del potere politico locale - fu annesso al Piemonte, ob erato ...
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