Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

LUIGI PAGGIARO psicologica sconfinata, immersi ognuno nella propria solitudine, anche angosciosa, se si vuole, ma aperti all'assoluto della vita che è l'assoluto dell'arte. Sono uomini, angeli o demoni che siano, pregni di passioni ma saturi ad un tempo di universalità. La conquista di un assoluto in arte è garanzia della bontà e della fecondità dell'intuizione senza che per ~.uesto si possa parlare di un assoluto che possa cogliersi in modo indipendente e per vie diverse che non siano quelle per le quali esso si determini o si esprima nell'intuizione medesima. Una tal estetica, che comporta la sintesi equilibrata e rasserenata del soggettivo-oggettivo nell'opera d'arte, non è l'estetica di cui si fanno paladini gli esistenzialisti, degeneri epigoni del romanticismo psicopatico, incapaci di far intendere il dramma dell'uomo perchè privi di una qualsiasi idea di uomo che non sia, a loro giudizio, il degenerato, l'anarcoide alla Stirner e il malato di mente, che sono uomini senza anima e senza coraggio. Coloro i quali sostengono che le crisi nell'arte siano condizionate solo dalla intolleranza e dalla refrattarietà di certi ambienti, dalla pochezza dei mezzi o dalla assenza di mecenati, non vedono bene tutto intero il poliedro della questione la quale, per essere intesa nella sua totalità, deve determinare con precisione anche l'apporto molto considerevole che la crisi del pensiero fornisce alla crisi delrarte. Crisi del pensiero è crisi di ideali e perciò rinuncia, in partenza, ad ogni speranza di saper donare alla nostra umanità quanto le occorre non solo di ragione ma anche di conforto. La sola ragione tormenta ma non acquieta. Ed è per questo che con mia grande meraviglia leggevo, in un resoconto delle « Rencontres » tenute da eminenti studiosi della cultura europea nel settembre 1946 a Ginevra, l'auspicio fatto da Iaspers a un ritorno alla idea biblica della trascendenza e aHa parola amore. O io mi inganno, . e supervaluto una simile proposizione pronunciata da un corifeo dell'esistenzialisooo, o l'esistenzialismo ha dettata con essa la sua epigrafe per la propria indecorosa sepoltura. L'ultima di tutte le parole è veramente l'amore, sia di Dio, che nell'atto della creazione ha donato sè all'universo e agli esseri tutti, sia dell'uomo, che in ogni momento della sua storia ha ritrovato sè solo quando nel vero eroismo e nella santità ha fatto dono di sè ai propri simili. In entrambi i casi, amore significa trascendenza nella classica accezione del termine. E tanto antica è la parola amore sì che parrebbe che ritornare ad essa, regredendo di una ventina di secoli, costituisse anche per l'uomo di oggi l'unic~ mezzo datogli per progredire. LUIGI PAGG!ARO

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