ESISTENZIALISMO IN CRISI 437 Di fatto, l'esemplare umano che l'esistenzialismo ci tratteggia con così avvincenti colori è molto simile alla solitudine dell'anormale, che non può uscire da sè perch'è gli è' negata dalla natura la possibilità di comprendere il dolore o l'angoscia degli altri, perchè troppo attento e sadico sezionatore del proprio dolore o della propria angoscia. È umano che ognuno di noi senta il suo dolore con diritto di esclusività sui dolori del prossimo; ma non in questo consiste la santità. Le constatazioni intorno alla vita sono tutte amare in partenza perchè si sostanziano del tessuto della natura che è imperfetta in ogni sua manifestazione ma sono dolose quando ci si comp'iaccia dell'amaritudine, quando si goda dell'angoscia, quando si deliri per delle contorsioni e quando si chiami il naufragio completo la più completa delle beatitudini. Allora si preannuncia come novella di salvezza una malattia di cui sta ancora soffrendo la nostra epoca e che è peculiare dei senza fede: la rinuncia ad ogni sano realismo, la vaghezza per lo strano, il culto di sè e l'aspirazione infinita (sehsuncht) senza meta alcuna. L'es~etica esistenzialistica lo comprova. Ci sono, infatti, un teatro esistenzialista e una novellistica che, dopo il romanzo giallo e la cronaca nera attraverso le quali è passato il gusto del nostro tempo, stanno avvincendo lettori e platee di ogni paese. Il discorso si farebbe lungo se volessimo scendere a particolari. Valga per tutti la raccolta di racconti di Sartre: « Il Muro». C'è da uscire da simili bagni con la mente veramente sconvolta dalla tortuosità delle elucubrazioni e con l'animo appesantito dalla tristezza di tutti i naufragi a cui il lettore deve assistere impotente e nei quali anzi dovrebbe appagarsi. I personaggi sono simili ad ombre o a spettri più che a persone, ognuno solo con se stesso, incompreso a tutti, con il proprio dramma o tragedia o malattia su cui la fissità della sua analisi non sa liberarsi in perpetua confessione, come si trova, con se stessa. Le incoe- . renze degli atteggiamenti non sono chiare a nessuno, le stranezze si moltiplicano senza ragione. Si procede, ma non si sa dove la vicenda andrà a morire o meglio la si presente come pencolante ad ogni istante sul precipizio del nulla che in arte significa non senso. Così si sfaldano le trame delle singole esistenze senza lasciare, sulla cresta di spuma del loro ondeggio, un'orma che risponda ad una qualsiasi esigenza da parte nostra Òi meditazione. Dostojevskij, che è riconosciuto dagli stessi esistenzialisti come un principe dell'esistenzialismo, è un colosso di ben altra natura da quella puramente occasionale che gli si. vuol riconoscere. I person~ggi così intensamente singoli di Ivan, Dmitri e Alessio nei « Fratelli Karamazov ,, e di Raskolnikov in "Delitto e Castigo" sono giganti di una profondità
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