Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

LUIGI PAGGIARO accettato dall'esistente come annullamento del suo medesimo esistere. Strana vittoria suicida. Ma non si esaurisce qui la problematica esistenzialistica. Il problema dell'esistere è uno soltanto dei molti problemi o, come dice Kierkegaard, dei molti .piani di vita che si agitano e giocano nel caleidoscopico procedlre dell'esistenza. Questi piani molteplici e opposti sono le prospettive da cui il singolo guarda e giudica sè e il mondo degli uomini e quello delle cose. Nessuno di tali piani di vita, nè l'estetico nè il religioso nè il filosofico nè l'economico nè il morale, e così via per altrettanti piani per quanti sono gli interessi che si muovono nel singolo, occupa in modo esclusivo la per- _sona umana sì da destituire d'autorità gli altri imponendosi assolutisticamente; ma ognuno richiama gli altri pur non potendosi conciliare o armonizzare con alcuno. Di conseguenza l'esistente, non componendo mai · in sè una loro sintesi, li vive e li esaspera nei loro opposti passando alternativamente dall'uno all'altro con un salto che non conosce conciliazione. Ad es., la visione estetica e la visione religiosa della vita che dalla dialettica hegeliana sono composte nella sintesi della visione razionale che superandole le invera si polarizzano, nell'esistenzialista, in un contrasto inconciliabile: la prima manifestandosi come desiderio di godere il mondo e di espansione fantastica e la seconda, al contrario, come desiderio di nullificare il mondo in una ascesa al divino. L'esistente sente che queste visioni sono presenti in lui con pari esigenza ma non sapendole superare a causa della fluidità del proprio esistere si tormenta in esse, agitato da una perenne angoscia di indecisione sulla scelta di una delle due. È stato definito questo particolarissimo stato d'animo chiaroscurale come molto simile alla coscienza pascaliana della compresenza dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente gi,ande o dell'assoluto e del relativo nell'uomo che sono abissi dentro cui si perde il suo pensiero. Ma in Pascal il contrasto non rimpicciolisce ma slarga la pochezza conoscitiva dell'esistente che dal nulla del suo esistere può ·sentirsi, garante la legge del cuore, anche signore dell'universo. Solo nella dottrina esistenzialistica che non conosce la luce di alcun valore che non sia il presunto valore dell'esistere, i contrasti si acutizzano di fatto e si partorisce l'incubo della fine che incombe su tutto. E con un tale incubo nell'animo, quale ragione di vita. sosterrà più gli uomini nel loro cammino ? Perchè di una fede ognuno di noi ha bisogno, magari di una semplice fede nel progresso o nel miglioramento dei beni sociali, e se l'ossessione del nulla si farà costantemente presente in lui senza speranza di una tregua, la solitudine che l'esistenzialismo riconosce come esclusivo retaggio di ognuno, sarà foriera di pazzia.

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