Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

ESISTENZIALISMO IN CRISI 435 Chiunque ci abbia seguiti nelÌa,..nostra breve nota c:spositiva intorno alla tesi esistenzialistica non può non rimanere perplesso non soltanto di fronte a cosl melanconiche soluzi~ni enunciate da una siffatta filosofia, ma fin dalle sue premesse così assiologiche ed esclusivistiche con cui si inizia la sua pretesa dogmatica. Il primo punto discutibile si polarizza proprio sul donde dell'esistenza. Per l'impossibilità di ognuno a trascendere se stesso e a cogliere un valore che direttamente non gli compete, l'esistenzialista, fatte proprie le sole premesse teoretiche kantiane, si adagia supinamente su una affermazione iniziale, che accoglie tra l'altro senza dimostrazione, per la quale l'esistenza esce fuori dalla non esistenza a somiglianza del qualche cosa che esce dal nulla. È già misterioso per l'esistenzialista il problema dell'esistenza in sè che ogni indugio st:!la preistoria dell'esistenza deve essere lasciato al dilettantismo filosofico. Ma se è oscuro e noumenico il donde dell'esistenza, sarebbe augurabile che fosse chiaro nell'esistenzialismo almeno il perchè dell'esistenza. Ora, una esistenza che si tragga fuori dalla non-esistenza da sè, come chi pretenda di salvarsi dall'affogare in mare per un solo poderoso sforzo di emersione dalle acque, che giustificazione può allegare al proprio esistere se non l'istintivo e prepotente « conatus » all'esistere ? Anche questa domanda per l'esistenzialista non ha quindi senso. Si esiste perchè si vuole esistere, perchè si· vuole fuggire dal nulla dentro cui è sommerso l'esistere. E ammettendo pure che una tale risposta possa rappacificare la nostra ansiosa cura di certezze ben più rassicuranti, vien fatto di chiederci: ma di che si sostanzia allora un tale esistere ? Purtroppo di nessun elemento positivo essendo inafferrabile anche il suo più vero se stesso. I termini di colpa, di fallimento, di naufragio, di sbigottimento, di angoscia che accompagnano e incorniciano perennemente un tale esistere non possono di certo possedere la virtù di rasserenarlo.• E, d'altro canto, può rasserenarsi ciò che sempre diviene e mai sta ? Se la giustificazione di tutto la si cerca esclusivamente dentro le ristrette e per lo più instabili maglie del singolo, che meraviglia se ogni determinazione del singolo lo lascia insoddisfatto più che mai ? L'inquietudine lo pungolerà ancora a tentare ulteriori determinazioni di sè, ma per superarle ulteriormente senza mai sosta precipitando, in ques_to modo, di trascendenza in trascendenza, nella morte. Un secorido nulla ringhiottirà l'esistente; e questo nulla sarà diverso dal primo solo per il fatto che il primo è per sua natura inconscio al nostro esistere e iì secondo, invece, è consapevolmente

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