Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

434 LUIGI PAGGIARO Ognuno che abbia consapevolezza dei limiti che lo circuiscono si sforzerà affannosamente di superarli per conquistare se stesso in un più vasto orizzonte o nella totalità degli orizzonti. Ma ogni più ardito sforzo di determinarsi significa, per ognuno, la certezza di un fallimento del pensiero, incapace di soddisfarsi nell'incesi5ante processo delle determinazioni in cui deve incorrere e quindi auspicante una ulteriore trascendenza al processo medesimo. Cosicchè il consapevole pungolo di trascendersi e la coscienza che nell'esistenza non c'è mai centro, legittimano l'angoscioso naufragio dell'esistente, il quale, partito con fiducia dalla propria solitudine per incontrare il mondo, ritrova ognora nella solitudine se stesso senza aver capito il mondo, e per di più amaramente persuaso della impenetrabilità della solitudine altrui. Chi non sente in tutto questo riemergere per legami associativi un'eco del dramma della coscienza agitato dal teatro pirandelliano ? Chi non ricorda certuni di quei personaggi pirandelliani protesi nello sforzo di conquistarsi come persone onde diventare a se stessi e agli altri qualcuno, che sfiduciosamente ripiegano nell'angoscia, consapevoli di non aver acquisito nessun punto fermo, nessuna verità o legge che non detenga i caratteri della convenzione sociale o della ipocrisia o della superstizione ? È la medesima pena che circuisce per giri diversi la nostra anima contemporanea, gelosa di sè e di una verità che vorrebbe sincera e perciò convalidata dall'assenso di una personale convinzione. Ma quale convinzione può uscire da chi, come l'esistenzialista, si riconosce solitario tra solitari, sufficiente a sè se pur ansioso dell'altro da sè ma incapace di coglierlo ? La « metà noia » esistenzialista non-è troppo tortuosa al riguardo nè elaborata come, al contrario, la problematica sull'esistenza. Dal disagio bisogna uscire; il quietismo non rasserena. Voce comune dell'esistenzialismo è pertanto questa, che debba essere legittimo da parte dell'esistente un salto, magari fatto nel buio, che dalla coscienza della sua colpa lo liberi nel riscatto, dall'angoscia della notte in cui vive lo protenda· nella solarità ciel limite superato. Fatta eccezione degli esistenzialisti cristiani che si riallacciano, per legittimare la loro ascesi, al misticismo fideistico, i più non sanno nè possono trovare altra catarsi che si confaccia all'esistenza se non quella che doni consapevolezza all'esistente, che per liberare la propria esistenza non gli rimanga se non accettarla così come è, limitata, insufficiente, colpevole, angosciosa cioè moritura, e che nel suo vivere od essere per la morte sappia ritrovare la propria liberazione dalla morte medesima.

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