Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

.ESISTENZIALISMO IN CRISI 433 raggiungibile una qualsiasi conoscenz; oggettiva della realtà fuori e indipendentemente dal singolo soggetto che la vive come se l'uomo potesse dimenticarsi nel mondo o anche solo illudersi di poter dimenticarvisi. Pertanto l'esistenzialismo non verrà a donare alcuna fiducia all'impersonale ragione dell'idealismo che identifica il pensiero assoluto, che non è di nessuno, con la realtà, e meno ne donerà al naturalismo positivistico che nullifica la persona umana, che è sempre singola, nella realtà evolutiva della specie, coartandola in schemi classificatori. L'irriducibilità dell'esistere alla dispersione dell'essere è una ferma conquista che l'esistenzialismo rivendica per sè come .sua peculiare, non sofo sul terreno speculativo, ma pure su quello sociale sul quale, anzi, a onore del .vero, esso combatte nella nostrà età serrata tra le due più catastrofiche guerre che l'umanità ricordi, la sua più bella battaglia per rivendicare contro la uniformità della vita stretta dai quotidiani bisogni, contro il mito della volontà delle folle o delle masse, contro l'irreggimentazione del singolo negli eserciti combattenti, contro il morire anonimo degli esperimenti di guerra, il vitale eroico e consapevole diritto da parte di tutti di sentirsi, magari morendo, qualcuno e non nessuno. Non sussiste perciò per l'esistenzialismo alcuna storia che non sia la storia del singolo che contempla il suo stesso divenire e ne gode come il Narciso della leggenda che contemplando la mobile immagine del suo volto rispecchiato neil'acqua finl col compiacersene. Ma può l'esistente scoprirsi nel suo intimo e determinarsi a sè e agli altri se la natura che gli è propria sfugge ad ogni determinazione come l'acqua di un ruscello alla mano che tentasse di stringerla ? Può l'uomo sentirsi qualcuno nella inquietudine del suo foggire dal nulla onde emergere all'esistenza, e una volta emerso, frenare il suo consequenziale precipitare nel nulla che inevitabilmente lo attende al chiudersi della sua parentesi esistenzialistica ? Da qui hanno la loro ragion di essere il tormento e la insufficienza delle singole catarsi esistenzialistiche, le quali potranno nel comune· spettro di luce dentro cui si muovono accentuare ora un tono ora l'altro, ora lo sbigottimento proprio di una coscienza religiosa che si sente peccaminosa fin dalle radici della vita, come in Kierkegaard, ora la nota angosciosa del nullismo ateo in Heiddeger e in laspers, ora quella mistico cristiana in Marce! o la pascaliana in Berdiaeff e in Chestov o la strutturale in Abbagnano ma tutte, senza distinzione di sorta, dovranno essere passate prima attraverso il naufragio del singolo esistente. L'esistenza in quanto esistenza è limite e con ciò stesso, perchè limitata, è ansia di evasione. Il concetto di trascendenza le è quindi implicito e complementare.

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