/ GIORGIO PETROCCHI cristianamente proclive a credersi inferiore e insufficiente dinnanzi al potere divino, così la poesia è ricca di elementi concettuali (saranno spesso un intralcio, ma sovente anche uno stimolo a pensare e a vieppiù umanizzarsi) e soprattutto di elementi tecnico-espressivi, lessicali, metrici, fonici, compositivi nel senso di una struttura dall'interno, robusta e razionalmente architettata. Nei momenti migliori la poesia del Tommaseo poeta (come la forma· della sua ispirazione) non segue leggi precise, si adegua all'istante sentimentale e di coscienza, si determina secondo il complesso problema interiore di cui era ricca la sua anima. E così i momenti caduchi corrispondono ad una applicazione fin pedantesca della poetica, il suo accademismo, il suo eclettismo formale, il suo classicismo saturo di bizze filologiche, quelle composizioni «concettuali» dove pare che il Tommaseo non sia riuscito a rompere nemmeno i rigori intellettuali derivanti dal rapporto poesia-poetica (così in A giovane scrittore, o peggio in un certo sforzo gnomico che è in Donna, in Affetti e 'idee, o nell'occasionalità più insulsa come A una marchesa partoriente). Non è facile, d'altronde, riunire le sparse membra di tutta l'attività letteraria del Tommaseo, e configurarla in termini perentori di sistema artistico. Basterebbero le difficoltà che offre in tal senso (oltre alla produzione narrativa e storica) quella poetica. È certo che il Tommaseo va visto nella unità inscindibile del linguista, dell'uomo pubblico e dello scrittore d'arte, sebbene questa unità non vada presa in senso troppo rigido. Ma la unità poetica non deriva da una relazione positiva e concludente tra poesia-narrativa e poesia-linguistica, quanto piuttosto dalla adesiohe perfetta che c'è tra il mondo umano del Tommaseo e i vari sistemi metrici ed espressivi adottati di volta in volta. Si noti l'esametro di Voluttà e rimorso, ancor più allungato musicalmente nell'esprimere un dolore antico, reso tanto netto dalla mitica distanza: Perchè la vista di quel tuo dolce rosato pallor virgineo e de' semplici sguardi soavi regger non posso ? Perchè tua voce modesta, qual d'usignolo ch'entro a fragrante roseto canta sul primo tremolar de le vergini stelle, mi suona nel petto quasi suon di triste novella ? Ed è un esametro che ha superato temporaneamente l'intonazione carducciana; fa pensare, per certe interne pieghe melodiche, al De Bosis, oltre che al D'Annunzio. I metri brevi, in specie il settenario, occorrono per l'evocazione di un ricordo più personale. Il settenario è infatti il metro delle poesie familiari, da Il padre morto alla fermissima Notte del
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