Quaderni di Roma - anno I - n. 5 - settembre 1947

GIORGIO PETROCCHI vocaboli e di armonie) e anche per merito della stessa posizione di equilibrio, a metà del secolo, dopo le innovazioni profonde di tutti i romantici e nulla scartando e tutto comprendendo in composite figure e termini, il linguaggio poetico del Tommaseo segna veramente l'acme tecnico cli, quella immediatezza popolaresca, di quel calore di comunicazione dir~ma tra la realtà e la parola, di quel sapore affettivo con cui si prediligevano e sistemavano i vocaboli, che fu dei romantici. In lui la parola acquista un significato ancora più duro e deciso, sfuma in accezioni e in analogie ora dotte e ora istintive; ma, appunto perchè porta in sè i germi dissolutori del romanticismo, va al di là di quella naturalezza e sottile adesione alle ragioni del sentimento e della realtà che era stata dei nostri romantici, perfino di Leopardi. Il verbo poetico del Tommaseo non sta nell'ispirato abbandono al cuore, e così la- sua parola non ritrova nel calore degli affetti le norme costitutive e le sue tinte, nè ricerca nella preziosità di pittura e di atmosfera quel tono dimesso, familiare, pacato che è del Manzoni. Anche nei momenti di effusione Tommaseo sforza il termine, gli vuol dare un'impronta di scorci e di luci, lo vuole immettere aspramente nella angosciata vita delle sue immagini e memorie. Vedrai gl'ignudi poggi rivestirsi d'irrigua selva ~ di feconde nubi; selva nuotante i porti; e nube ratta (respir di barche nella foga ansanti) nel puro aere gettar nera favilla. Donde quella complicata sintassi, che è alimentata da continui inc1s1, da assonanze crude, da singolarità metriche e, si direbbe, prosodiche, e soprattutto da una indagine fonda entro i signifi_cati verbali delle parole, quasi a ricerçare nel linguaggio gli stessi tormenti e accensioni sentimentali e impulsi morali che furono della sua coscienza d'uomo. E come nel ripetere fino a sfibrarsi gli istanti della voluttà fisica, avverte ì morsi · del peccato, così la sua parola si netta da ogni regolare sentore di cosa adusata alle voci e alle conversazioni, si fa vissuta e veduta nei contorni più netti, si accende di strane luci colme di fascino. Questi sono i fiori del male, anche nell'uso di una forma poetica. Nel Tommaseo dei momenti più alti (e cioè di quelli più sinceri e turbati dalla vita) non c'è mai un letterario distacco da1la parola, quasi un divario di tempo narrativo tra il momento della memoria e quello del ·canto. Per tale ragione, infatti, per questa spinta verso l'inconscio della psiche umana, nelle plaghe remote della sensibilità e del travaglio mo-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==