Quaderni di Roma - anno I - n. 4 - luglio 1947

NOTE DI CRONACA hanno sollevato notevoli diffidenze, ma il Governo di Mosca, in linea di massima, ha finito per accoglierle e, nell'incontro di Parigi, Molotov, Bcvin e Bidault hanno cominciato ad esaminare i nuovi problemi continentali posti dal Capo del Dipartimento di Stato. L'Unione dei Sovieti, rifiutando, avrebbe accentuato il proprio isolamento e d'altra parte, malgrado le risorse infinite di cui dispone, essa non può riÌtlanere indifferente alla prospettiva di sostanziali aiuti americani. A Parigi gli americani sono assenti; ma è indubitabile che seguiranno con , iva attenzione i colloqui tra i « Grandi europei ». li vecchio continente ha bisogno di soccorsi urgenti: noi italiani siamo portati a considerare le necessità del nostro Paese; ma molte altre nazioni si trovano nelle medesime condizioni e non possono attendere troppo a lungo. D'altra parte non bisogna ignorare che nel 1948 comincerà negli Stati Uniti la campagna per le elezioni presidenziali e allora l'opinione americana, la quale nel suo complesso non può dirsi entusiasta ciel piano Marshall, sarà distolta da altri problemi. A questo punto sorge spontanea una domanda: le sfere dirigenti americane credono realmente nella possibilità di un accordo economico europeo I O tendono a mettere in luce certe impossibilità che consentirebbero agli Stati Uniti un,1 maggiore libertà d'azione ? Venendo meno la prospettiva di un'intesa minima dei Paesi europei sul piano economico, il Governo di Washington potrebbe soccorrere taluni Stat.i dell'occidente senza sollevare le polemiche cui ha dato luogo, per esempio, la politica di aiuti alla Grecia e alla Turchia. Si tratta di sapere, dunque, se il piano Marshall potrà rappresentare un contributo indiretto all'unità, una premessa di concordia europea, o se, invece, approfçndirà le divisioni e le antitesi. • •• L'affermarsi del comunismo nella vita politica di molti paesi del monùo elimina ogni distinzione tra la politica estera e la politica interna, ma è da ricercare se questa situazione di fatto vada a tutto beneficio dell'Unione dei Sovieti. Crrto le grandi Potenze occidentali non hanno alle loro dipendenze partiti politici < he siano ad esse così apertamente legati come i col))unisti alla Russia, e se ad un certo momento crederanno di dover intervenire nella vita interna di qualche populo rischieranno di offrire il fianco all'accusa di fare appello al diritto della forza. La crisi della libertà europea è in atto. Questa considerazione induce a parlare del comunismo in quei Paesi dell'Europa occidentale, nei quali, alla fine della guerra guerreggiata, si profilarono situazioni politiche analoghe. Vicino alle magre correnti superstiti della vecchia politica abituate a considerare tutto in termini amministrativi e polizieschi, si affermò dovunque una concezione nuova: l'esigenza cioè d'inserire nella politica i ceti del lavoro. Si trattava di saper come: i marxisti di tipo leniniano - che è dire i comunisti - affermavano, come affermano, la concezione della dittatura proletaria da raggiungersi attraverso la lotta di classe: una soluzione, cioè, esclusiva, tc>t,,litada, i~tollerante. A fronte del comunismo sorsero, quasi per istinto, le correnti che si riannodavano alla tradizione cristiana e che talvolta si richiamarono apertamente al nome cristiano (Italia, Belgio, Germania, Austria ecc.) e talvolta no (Francia). Questi democristiani affermarono la collaborazione delle classi; alla rivoluzione dei wmunisti, opposero l'evoluzione sociale più o meno pacifica, In volontà di ridurre la lotta di classe ad una legittima discussione di opposti interessi.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==