Quaderni di Roma - anno I - n. 4 - luglio 1947

302 A. D. SERTILLANGES O. P. l'attività fisiologica e fisica da una parte, quale si manifesta nelle specie animali, e l'attività pensante dall'altra. L'apparire del pensiero è, nella evoluzione dell'universo, un fatto interamente nuovo, come un sorgere d'un astro dopo una lunga notte. Le ragioni ne sono date dai filosofi quando trattano della spiritualità dfll 'anima pensante. L'essenziale della prova consiste in q~esto: che il pfosiero porta in sè, all'analisi, caratteri irriducibili alle condizioni fisiologiche e fisiche che lo precedono e lo provocano. Queste condizioni lo provocano, ma non lo spiegano. Ci vuole un nuovo apporto, che non può essere che trascendente. In breve, il pensiero è un fenomeno extra-cosmico o acosm1co. Tale è il quadro della prova. Ma quali sono questi caratteri detti irriducibili alle condizioni antecedenti d'ordine cosmico ? Si tratta della universalità del pensiero e della sua riflessione su se stesso per giudicarsi, controllarsi, rilevare le proprie leggi e i propri condizionamenti, cosa che non potrebbe fare una funzione impegnata essa stessa in ciò che si tratta cosl di sorvolare come qualche cosa d'altro. Se un aviatore guarda dall'alto scorrere un fiume, non si dirà ch'egli stesso è nella corrente e che è questa corrente a deporlo sulle rive del cielo. C'è qui una questione di livello ontologico piuttosto che di potere. Se si dicesse soltanto: la materia non può produrre il pensiero, si potrebbe contestare dicendo: non conosciamo i poteri della materia. Ma noi diciàmo: il pensiero è superiore alla materia, e questo si vede poichè esso giudica la materia, poichè esso la guarda cambiare e misura i suoi cambiamenti senza per questo cambiare in se stesso: poichè esso concepisce il mobile in forma d'immobile, il tempo in forma d'intemporalità, lo spazio in forma d'unità indivisa e indivisibile. Il pensiero accede alle idee che l'w1iverso realizza trascurando la loro immersione in questo universo, come sè·-esse costituissero un universo a parte, un universo platonico, un in sè. Esse non sono in sè; sono in lui; ma ciò pro11ache. esso stesso, per quanto le concepisce, non è nelle cose, non è un fenomeno delle cose; è loro superiore, pur ricevendo la loro impronta, impronta che gli viene dalle immagini congiunte, intermediarie tra le realtà dove s'incarnano le idee creatrici e lo spirito che deve captarle. In altri termini, lo spirito risale dall'idea realizzata al disotto di lui all'idea di realizzazione ch'egli stesso concepisce; dall'opera d'arte all'arte di cui è il confidente, allo spirito del mondo. Questo bisognerebbe sviluppare e non ne abbiamo il modo; ma al filosofo basta il germe d'un ragionamento; la sua riflessione fa il resto. L'essenziale è di comprendere che il pensiero è una evoluzione interiore,

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