33° RODOLFO DE MATTE! persuasi della tnstlZla umana, ritengono che interesse degli uomm1 e quello di addivenire, per non nuocersi a vicenda, a un patto che regoli i loro mutui rapporti, a un « contratto sociale ». Soltanto, suona strano che un Rousseau possa da un lato ritenere Dio « benefico e buono» (6' Prom.), oltre che buonissimo se stesso, nato pieno di felici inclinazioni, e d'altro canto considerare malvagi gli uomini, quali è indotto a supporli un J\.'1achiavelli.Sappiamo, sì, la nota risposta del Rousseau: gli uomini, nati buoni, son resi cattivi dalla società col suo sistema di postulati costituiti; ma non resterebbe da chiedersi come mai gli uomini cattivi siano sortiti dagli uomini buoni ? Possiamo - pare - smarrire la nostra bontà cammin facendo; ma verrebbe fatto di chiedersi: è vera bontà, quella che può smarrirsi e addirittura perdersi ? E non vi sarà mai una porzione di superstite bontà altrui che valga a sopperire alla carenza della nostra singola, e creare un compenso ? E come mai, una volta ammessa la bontà nativa dell'uomo, Rousseau si lascia andare a dichiarare che « noi entriamo in lizza con la nascita, ne usciamo con la morte» ? (3' Prom.). Se entriamo in lizza con la nascita, se dunque siamo nati rissosi, e non buoni, ha poi diritto, Rousseau, di prendersela con la malvagità degli uomini ? A momenti sembra, perfino, che le idee gli si confondano, al punto che gli viene fatto di chiedersi se sia possibile ch'egli sia il solo saggio, il solo illuminato. Ma è un saggio, un illuminato che, strano caso, quando non ha fatto il male, s'è spesso astenuto - anzi si è sempre più imposto di astenersi - dal fare il bene. Dopo un maturo esame di coscienza, Rousseau riconosce che tutti i suoi "peccati sono atti omessi, non commessi» (6' Prom.): ma l'omissione del bene non è già forse, di per sè, un peccato grave ? La libertà, tanto decantata dal Rousseau, non è, soprattutto, libertà di compiere e spargere il bene ? Ha il coraggio di dichiarare: « Mi sono sovente astenuto da un 'opera buona, che desideravo e potevo compiere, spaventato dall'obbligazione in cui stavo poi per sottomettermi, se mi ci fossi abbandonàto inconsideratamente)) (6' Prom.): e gli par poco ? (E alla fine, come abbiamo visto, s'è abbandonato all'inerzia totale, all'indifferenza passiva, all'estasi immobile). E cos'è, questo terrore dell'obbligazione eventualmente scaturibile da un'opera buona ? L'obbligazione non dovrebbe essere buona da quanto l'opera ? A meno che la spiegazione non sia questa: un 'obbligazione, in quanto tale, è sempre qualcosa che vincola, e delimita la nostra libertà, la nostra volontà, il nostro grezzo impulso: ora il proprio impulso, lo scatto del proprio temperamento, l'espansione in qualunque senso dell'io è ciò ch'è più caro e prezioso al Rousseau; e vi scorgi il nòcciolo e il credo del Romanticismo. L'affermazione della
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