RODOLFO DE ~!AITEI conosciuto, ma solo perchè così sia finalmente immune dal pericolo degl'insulti, fuori dal timore della lapidazione. Vuol ridursi dalla guerra alla pace, dal dolore alla gioia, dalla morte alla vita. Il suo nome è proscritto, non gli resta che confondersi nell'anonimato del fitto regno vegetale. Sarebbe felice se potesse iscriversi, con nome latino, nel catalogo <!file piante, e, rinunziando volentieri alla fraternità umana, apparentarsi alla società dei frutici e delle erbe; ridursi erba, ma non di quelle che, per la loro virtù medicamentosa, vengono ancora utilizzate dagli uomini, bensì delle più inutili, neglette, solitarie, che hanno aperto uno stretto conto esclusivamente con le stagioni. La verità è che, bandi e persecuzioni a parte, è ancora differente la coscienza di sè che hanno, rispettivamente, i due intellettuali. Petrarca, il poeta laureato e riverito, si riconosce peccatore e, a momenti, il più triste degli uomini. Rousseau non desiste dal reputarsi e proclamarsi il più innocente, il più buono degli uomini. (« Tranquillo nella mia innocenza», f Prom.; «amorevolissimo», 1• Prom.; « schietto, aperto», 1' Prom.; superiore, anzi degno di attingere' le « intelligenze celesti », 5' Prom.). Ora è spiegabile come, nella solitudine della campagna, il Petrarca, torturato dalla coscienza della sua peccaminosità, voglia riscattare sè e trovare Dio, laddove il Rousseau intenda cancellare gli uomini, folla di malvagi, in una sorta di druidico largo sacrificio umano, e assurgere alla libera pienezza della divinità olimpica e irridente. Sicchè può ritenersi pari a Dio, anzi addirittura un Dio, e autosufficiente come Dio (j' Prom.). Si è' che, a differenza del Petrarca, il quale ripudia se stesso, («lo vedrai disprezzar se medesimo », Famil., VI, 3), Rousseau « ama troppo se stesso» (6' Prom.); ed è solo per codesto superamore di sè che gli uomini « possono interessarlo sino al disprezzov111ai sino all'odio». (Potrà, Rousseau, distinguere fra « amor proprio » e « amore di sè » - 8' prom. - ma, siamo sempre lì, egli stima troppo le sue qualità, superiori a quelle degli altri ~uomini, per non ritenerle esemplari, e non lodarle e compiacersene). Tutto ciò cui può, dunque, arrivare, Rousseau - e lo ritiene già uno sforzo degno di ammirazione - è non odiare gli uomini (dal disprezzarli non può dispensarsi); ma per non odiarli come meriterebbero ha bisogno di non vederli, di dimenticarli, di sfuggirli, di ignorarli. Se per un momento gli avessero a ricomparire dinanzi fra mezzo i boschi, non ,risponderebbe dei suoi scatti - e sappiamo benissimo qual temperamento impulsivo egli avesse sortito, insieme alla famosa «innocenza» e «bontà» e «amorevolezza». Difatti, allorchè, imprevedutarnente, in un fitto eremo svizzero, dalle'parti della Robaila, gli avviene d'imbattersi in un embrione di sodalizio umano - certi operai d'una fabbrica rudimen-
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