Quaderni di Roma - anno I - n. 4 - luglio 1947

322 GIORGIO CURTI GIALDINO fuori le esigenze vitali dell'uomo, il problema del suo destino, e perchè abbiano un senso bisogna insomma alla vita respinta dare un nuovo valore. E c'è allora nelle « Memorie » velata, incerta, una rivelazione della vita attraverso un senso religioso secondo quanto dice Aljòscia al fratello: « Amarla (la vita) più della logica ... più della logica e allora soltanto ne }/ferrerai anche il senso ». Non negare ma accettare la vita, anzi amarla, trovare il senso del dolore, del male, del destino umano, trovare Dio contro la logica (l'eroe del sottosuolo è ancora, nonostante le sue pretese, troppo razionalista): nel mondo chiuso dell'uomo del sottosuolo si affaccia Lisa, quella che nelle sue sofferenze, nelle sue speranze, nel suo amore è la vita. L'errore è proprio quello che denuncia l'« uomo ridicolo»: « Era chiaro che ero ancora uomo non uno zero, che potevo ancora sentire vergogna è rabbia per le mie azioni. Bene, ma se dovevo morire fra poche ore cosa ·poteva importarmi della ragazza, delle mie azioni, del mondo intero ? « Volevo diventare uno zero, uno zero assoluto. Ed era possibile che la coscienza di diventare nulla potesse conciliarmi con la pietà che sentivo per la ragazzina ? Con il sentimento di avere commesso una viltà ? Perciò avevo infierito contro la bimba. Credete che sia questa la ragione ? Io ne sono convinto. Mi sembrò che il mondo, la vita, fossero in mio potere, nelle mie mani. Anzi il mondo era fatto soltanto per me; me morto, il mondo si sarebbe veramente spento». Il senso delle «Memorie» è ancora in tale denuncia dell'errore: del volere ridursi a uno zero, cioè, del « me morto il mondo si sarebbe veramente spento », mentre c'è l'immagine della ragazzina che chiede aiuto e di Lisa che chiede amore e salvezza che non permettono questa interiore nullificazione e messa tra parent~ del mondo. C'è alla fine delle «Memorie», allora, una rivalutazione dichiarata di esse medes1me e una apertura verso il « qualche altra cosa »: « Per lo meno ho sentito vergogna mentre scrivevo questa novella; probabilmente.' non si tratta di letteratura, ma di una pena che io mi sono imposto per migliorare. Perchè, in nome di Dio, non è mica interessante fare un lungo racconto per dire che io ho fallito la mia vita ammuffendo moralmente in un angolo per mancanza del mio ambiente, disavvezzo nel mio sotterraneo a ciò che è vivo e pieno di malvagità acuita». E le « Memorie del sottosuolo » nel loro disperato scavare un aspetto della coscienza, si rivelano infine contro gli uomini superficiali, come via verso la redenzione. « Io nella mia vita ho spinto fino all'estremo ciò che voi non avete saputo fare che a metà, considerando la vostra viltà

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