Quaderni di Roma - anno I - n. 3 - maggio 1947

I FRA. 1co SD.{ONE mente, ma anche il suo cuore generoso. Sempre egli rimane per tutti « le bien aimé Jacques » di cui in momenti difficili con parole affettuClseparlò François Mauriac. Nulla di questo in Gilson. In lui' l'uomo si ntsconde Jietro agli spessi veli della storia che solo a tratti, in un guizzo o in una scintilla, lasciano apparire un inatteso ardore sentimentale e di che cosa ~so sia capace. Agli inizi della sua carriera due insigni maestri francesi. Da Bergson impara che le concezioni storiche devono continu,l'mente essere riprese e quasi rifuse onde renderle sempre più aderenti alla realtà. Da Lévy Bruhl riceve il prezioso consiglio di dedicare la sua attività allo studio delle filosofie medievali e di fissare la sua attenzione sui loro principali rappresentanti. Docile ai consigli lo studioso intraprende il suo cammino nella foresta medievale: ma, gi2 preannunciando quella che sarà la preoccupazione di tutta la sua attività, incomincia non dal principio ma dal fondo. el 1913, pubblicando i suoi studi sui rapporti tra Cartesio e la filosofia scolastica (La liberté chez Descarte.<et la théo!ogie; !ndex scolastico-carthie11, Parigi, Alcan) egli dichiara quanto lo preoccupi il problema della funzione della scolastica nella evoluzione del pensiero umano. Quella ha avuto una sua propria ragion d'essere nella storia della filosofia oppure è stata una semplice aberrazione, un momento di oscuramento del pensiero ? Trovando in Cartesio, riconosciuto quale fondatore del pensiero mòderno, evidenti tracce del pensiero scolastico, egli dà la prima risposta a quella assillante domanda. Infatti, messosi in cammino semplicemente perchè spinto dalla necessità caratteristica della cultura di quel principio di secolo, di fissare le fonti storiche di un sistema filosofico, egli si trova di fronte ad un altro sistema non meno organico e quasi del tutto insospettato. A questi risultati egli arriva fin dai suoi primi lavori pcrchè in essi si fanno )!ià luce le particolari tend~e della sua mentalità di storico, preoccupato di distinguere cd a,·vicinarc fatti cd idee. Scopre i precedenti, paragona fra loro i problemi, ne mette in risalto affinità e differenze. Ed avverte su5ito una V<'ritàche la sua opera posteriore dovrà più ampiamente confermare, cioè che nella foresrn medievale appena si lasciano i sentieri battuti ci si trova in regioni ciel tutto sconosciute. Si giustifica ccsì che sia passata Fer tanto tempo quasi inosservata quclia ricchezza di pensiero filosofico che ora egli, dopo i primi suoi personali sondaggi, intuisce quasi a conferma delle recenti ricerche altrui. Ancora vivo era l'insegnamento del Taine secondo il quale tra il mondo moderno e quello greco vi era un abisso per molti secoli rimasto incolmato. Nè era dimenticato quello che non molti anni prima (1895) aveva scritto nella sua storia il Petit dc Jullev;ik quando negava ai secoli medievali con la comprensione della bellezza classica anche la totale comprensione del pensiero an-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==