I 254 VITTORIO 1{ARCOZZI S. J. autunno e le uova si schiudono in primavera, nè la madre ha mai amstito al risultato delle sue operazioni. Evidentemente in questi casi non si può parlare di azioni acquisite mediante l'ammaestramento, nè di esperienza. Esse sono conosciute dall'animale per un'altra via, diversa da quella dell'intelligenza. ) Alla stessa conclusione si giunge considerando la IJerfezione delle opere istintive. Se è vero, come osserva l'Hingston, che ,; nulla nella natura è perfetto», è però altrettanto vero che spesso gli istinti risolvono problemi ed implicano cognizioni che, se fossero dovuti all'intelligenza dell'animale, questa, in molti casi, dovrebbe essere superiore o, per lo meno, uguale a quella dell'uomo. Si pensi al caso del Rynchites Betulae che accartoccia le foglie di betulla pér farsi il nido in modo tale che, se noi volessimo ottenere il medesimo risultato, dovremmo applicare il calcolo differenziale. Si pensi al caso delle api, che costruiscono le loro cellette, risolvendo difficili problemi di minimum. I favi di cera, sospesi per la Idro parte superiore al soffitto dell'alveare, presentano due facce verticali, costituite da cellette ~;congiunte, addossate per il fondo e leggermente oblique. Ogni celletta (eccettuata quella reale) ha una forma perfettamente regolare: la forma di un prisma esagonale, aperto in uno dei lati e chiuso all'altro; le sei facce laterali sono dei trapezi paralleli all'asse del prisma; il fondo è assai curioso: esso è costituito da tre losanghe uguali, formanti un triedro, che coprono in forma di cuffia le sei facce trapezoidali. In causa di questa chiusura, le cellette delle due facce del favo si alternano, vale a dire che le tre losanghe di una celletta appartengono a tre cellette differenti delli1 faccia opposta; in altre parole, l'asse di una celletta è prolungato mediante lo spigolo comune delle tre cellette contigue dell'altra faccia. Supponiamo ora di. dover risolVei=·enoi un problema di minimum, in modo da ottenere delle cellette comode per le esigenze delle api col minor itbpiego possibile di cera. Notiamo che per coprire una superficie piana, mediante poligoni uguali, senza lasciare nessun spazio vuoto, non esistono che tre figure che lo possano fare: il triangolo equilatero, il quadrato e l'esagono. Ora, l'esagono regolare ha un contorno meno lungo che il triangolo e il quadrato della medesima superficie. Si vede dunque che, delle tre soluzioni possibili, l'ape che costruisce colla cera e la vespa che costruisce colla carta di legno, hanno adottato quella che implica la minore estensione di pareti laterali, vale a dire il minimo impiego di cera o di carta. Una celletta esagonale del resto è perfettamente atta alla forma dell'ape che vi può entrare comodamente, come del resto a quella di una larva o di una ninfa. Un cilindro sarebbe ancora più comodo e più eco-
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