GREGORIO_ XVI E LA LIBERTÀ RELIGIOSA 245 Ormai era questione di giorni, di ore. Tutta l'Europa guardava con ansiosa impazienza a Roma. Che1,cosasarebbe avvenuto tra i due Grandi, depositari di tanto, se pur diverso potere ? Come il vecchioPontefice avrebbe tenuto testa all'Autocrate superbo ? Da Vienna Metternich sollecitava informazioni immediate e dettagliate sullo << stato in cui fossero per trovarsi le cose dopo i colloqui». Queste informazioni gli sarebbero state preziose in vista dell'incontro che lui stesso contava di avere successivamente con Nicola I e che il Nunzio Viola Prelà giudicava di decisiva importanza, dato che « nessuno parla con maggior franchezza del Principe all'Imperatore, nessuno gode di maggiore autorità del Principe, presso quel Sovrano>>. Il 13 dicembre 1845, finalmente, Nicola I, .Imperatore di tutte le Russie e Re di Polonia, giungeva, nelle primissime ore del mattino, a Roma, in forma privatissima. Alle II e mezza di quel mattino stesso l'Autocrate varcava la soglia del Vaticano e si incontrava con Gregorio XVI. Non è il caso di far eco qui al drammatico quadro che di questo incontro ci ha lasciato, nelle sue Rimembranze, il cardinale. inglese Wiseman. I suoi informatori si erano lasciati certo prendere la mano dall'emozione di un avvenimento tanto straordinario. Basterebbe riferire le ripetute manifestazioni di compiacimento che a Roma e nel seguito del suo viaggio di ritorno, in pubblico ed in privato, l'Imperatore fece in rifrrimento all'accoglienza ricevuta dal Pontefice, per smentire la leggenda di uno « scontro » tra i due alti personaggi. Ma è pur vero che in quei due colloqui, il vecchio pontefice volle e seppe mantenere un atteggiamento fermo e coraggioso, che dovè certo impressionare il potente autocrate, giunto forse a quell'incontro con la convinzione di poter imporre all'ottuagenario monaco camaldolese, con la propria autoritaria presenza, la propria dispotica volontà. In realtà, egli si dovè sentire non del tutto a proprio agio e come disarmato, di fronte a quel linguaggio paterno, e pur sostenuto, nel cosciente esercizio del supremo apostolato. Le sofferenze di milioni e milioni di cattolici, l'aperta violazione di inalienabili diritti della Chiesa, il dispregio della massima evangelica della distinzione del potere divino da quello politico: tutto ciò trovò nella parola del pontefice la più dignitosa e severa recriminazione. Delle impressioni e delle indiscrezioni subito avutesi nelle varie capitali d'Italia e d'Europa, basterà citare quelle fedelmente riferite nei suoi dispacci dal Nunzio Apostolico a Napoli: « Dicesi essersi mostrata Sua Santità coll'Imperatore stesso in un atteggiamento cortese, sì, ma degno e quale si conveniva ad un Padre addolorato pei mali, onde sono afflitti i propri figli. Assicurasi d'altronde aver la medesima Santità Sua parlato a quel Potente con santa libertà evangelica e come vero Vicario
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