238 RENATO LEFEVRE Era indubbiamente, questa, una manovra per neutralizzare preventivamente ogni reazione romana al rinnovato rigore con cui ci si accingeva a colpire il cattolicesimo polacco. La particolare situazione temporale della S. Sede indusse Gregorio XVI a cedere alle pressioni del!' Autocrate e a quelle interessate dell'Austria, indirizzando il 9 giugno del 1832 ai vescovi di Polonia u11a lettera richiamante i cattolici e le loro gerarchie religiose alla fedeltà, sottomissione e ubbidienza alla legittima potestà civile. In realtà, a parte ogni altra considerazione di natura politica, un rifiuto alla richiesta russa avrebbe potuto dare all'imperatore il pretesto di accusare la S. Sede di connivenza con i ribelli e di sentirsi autorizzato ad una aperta rottura, che avrebbe lasciato i cattolici di Russia e di Polonia alla completa e inesorabile mercè del!' Autocrate. Il Pontefice volle però che, contemporaneamente, si denunziasse in modo esplicito e circostanziato all'Imperatore il << decadimento » e lo << stato lacrimevole» della Chiesa Cattolica_ nei domini russi, indicandone le << cause principali nelle novità e nelle prammatiche che per parte del governo politico nelle materie ecclesiastiche si sono in essi introdotte e vi si osservano con incalcolabile detrimento della Religione medesima». La nota pontificia dettagliatamente specificava le misure da adottare sollecitamente per sanare il mal fatto e restituire almeno la tranquillità . religiosa alla martoriata Polonia. La nota sembrò cadere nel vuoto. Il governo russo continuò come se nulla fosse stato nella sua politica di repressione del libero esercizio della religione cattolica e quando, nel 1833, dopo una più vibrata protesta di Roma, si degnò di rispondere, lo fece con altezzosa confutazione degli argomenti addotti dalla nota pontificia e soprattutto gettando come al solito ogni responsabilità sul clero_.-Rolacco, reo di complicità nei moti politici. 1on è qui il caso di esporre dettagliatamente gli sviluppi della questione. ~asterà sottolineare che Gregorio XVI non lasciò nulla di intentato per addivenire ad una soluzione conciliativa. Ma quando fu evidente che a nulla valevano le note, le pressioni, le lamentele, e che non solo le istituzioni ecclesiastiche venivano perseguitate, ma con la violenza e la frode si strappavano alla fede avita intere comunità e stirpi, come quella dei Ruteni, e si infieriva contro le persone stesse che osavano far resistenza alla dispotica azione dell 'Impe;atore, allora Gregorio XVI non esitò, con un 'allocuzione pronunziata nel Concistoro segreto del 22 luglio 1842, e largamente diffusa, ad alzare un'accorata protesta di fronte al mondo intero e a pubblicamente documentare i termini della questione perchè fosse ufficialmente evidente l'intollerabilità di una situazione che la S. Sede era
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