Quaderni di Roma - anno I - n. 3 - maggio 1947

234 ANTONINO PAGLIARO divina, il Santo si sente al mattino rinato alla vita, che a lui, ormai quasi cieco, si manifesta come gioia del sole, gioia della luce e del calore. Il titolo del Cantico, prova, mi sembra, che proprio nella sensazione del sole si catalizzò, per dir così, l'ispirazione del poeta <»>. Non vi è perciò contraddizione alcuna fra la profonda sofferenza ~ fisica da cui il Santo è travagliato, e questo suo inno di vita: egli cerca il Signore intorno a sè per ringraziarlo e celebrarlo e lo ritrova per prima cosa nel sole che con la sua luce e il suo calore, dopo la lunga sofferenza della notte, gli appare tutt'uno con la vita. Con il sole si allineano le altre forze della natura, che la delicatà fantasia anima dei colori più teneri, ed esse pure il Santo fa oggetto del suo tributo di riconoscenza al Signore. Le due lasse del perdono e della morte riflettono senza dubbio un altro momento. Non ha certo molta importanza il sapere se effettivamente il versetto: laudato si, mi Signore, ·per quelli ke perdo11anoper lo tuo amore ... sia stato aggiunto al fine di portare la pace fra il vescovo e il podestà di Assisi in discordia, e il seguente: laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale... sia stato composto proprio nell'imminenza della morte. Certo è che in essi vi sono valori poetici e atteggiamenti di stile nettamente diversi da quelli dei versetti che precedono. Mentre le lasse delle creature esprimono uno stato d'animo di pura letizia, che si fissa in un mondo reale, sensoriale (il sole, la luna, le stelle, il vento, l'aria, il fuoco, l'acqua, la terra), le lasse del perdono e della morte sono lo sbocco di un processo riflessivo di liberazione. li Santo soffre assai duramente nel còrpo e i disagi dell'umile ricovero gli accrescono il tormento. Ora, più che mai, poichè ha fissato nel Cantico la gloria del Signore come letizia nelle cose, le quali da lui attingono esistenza, gli si impone la domanda del valore di questa sua sofferenza, del suo coordinamento a quella bontà e potenza divina che ha esaltat0i: lo soccorre facilmente e lo libera la dottrina evangelica del perdono e della penitenza, che ha echi frequenti nelle parole di lui (cfr. Benedetto, o. c., p. 64 e ss.). Le offese umane non sono un male, poichè (ll) Kello Specu!um (e così pure in altri testi ddla legenda) viene attribuita al Santo una spiegazione razionalizzante dd titolo d:no al Cantico: <e et quia considerabat et dicebat quod sol est pulchrior alii" creaturis et magis assimil:nur Domino nostro et in scriptura ipse Dominus ,·ocatur sol iustiti:ic ideo imponens nomen illis La.udibus qu:ts fecit de Creaturis domini, qu:mdo ~cilicet Dominus certificavit cum de regno suo, vocavil c:1s ùrnticum fr:ttris solis » (XII, 119). ~on è certo inverosimile che proprio lo stesso Samo abbia spiega.to il titolo in questo srnso a.i compagni. Con quali parole e in qual modo avrebbe potuto far capire !oro che il nome in verità. rifletteva b. n:nur:t del momento lirico, che in quella mattina. beata ~i cr:\ obietti\'ato nelle parole del Cantico ? ~h forse - e la lct~er:t dello Speculum le~ittima tale ip0tcsi - si tratta di un frutto dcll'clementare bisogno nei compagni di rcnclcr~i conto ciel titolo cbto da! Santo al suo componimento.

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