Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

NOTE DI CRONACA ~ diali degli ~lati Uniti. La vittoria repubblicana quindi non pote\'a che afforzare l'indirizzo anteriore, già manifesto dopo il fallito compromesso sulla Cina. Ai primi di febbraio la politica cinese degli Stati Uniti ha causato qualche perplessità. A capo del Dipartimento di Stato, il Presidente Truman. accettate le dimissioni di' Byrnes, ha chiamato il generale Marshall, già incaricato della missione speciale in Estremo Oriente \'Olta a promuovere la conciliazione tra il governo del Kuomitang e il governo comunista nello Yunnan. Le trattative, rivelatesi ardue fin dal primo momento, giunsero ben presto ad un punto morto. Ora uno dei primi gesti del nuovo moderatore della politica estera americana è una dichiarazione sulla Cina. li go,erno di Washington - egli ha annunziato - abbandona il tentativo di promuo,·ere il compromesso tra Ciang Kai Scek e i comunisti; e richiam:i il suo rappresentante nella commissione incaricata di promuovere la concordia. Negli Stati Uniti l'annun<Cio ha causato notevoli perplessità; ma a Londra e a Mosca è stato compreso nel suo reale significato. Rinunziare alla speranza di un compromesso in Cina non significa disinteressarsi del problema cinese; ma, all'atto pratico, dar via libera alla guerra civile tra il governo di Ciung King e i comunisti. Fallito il compromesso non rimaneva che trarne le conseguenze. Ed è quel che ha fatto il Dipartimento di Stato. E questo non certo perchè, con Ciang Kai Scek e il Kuomitang, sia schiacciata l'influenza americana dell'Asia orientale. 11generale Marshall, contrariamente alle apparenze, adotta la maniera forte: e alle parole preferisce il lingua~gio più persuasivo dei fatti. Se i comunisti vogliono fare il proprio comodo in Cina temporeggiando, sbagliano. Il gesto americano suscita critiche assai aspre a ì\1osca, ma si tratta di reazioni ,·erbali. li fatto è che la ritirata della diplomazia sovietica continua. Non i: possibile dire, ancora, se si tratti cli una ritirata strategica o <li un fenomeno più duraturo. Po. tranno illuminarci le prossime discussioni sulla questione germanica. Quel che sin d'ora si può mettere in luce è che Anglo-Sassoni e Slavi sono concordi nel volere una Germania centralizzata, ma questo accordo non potrebbe essere più discorde: i Russi infatti vogliono uno stato tedesco a difendere il mondo orientale dalla « tirannia capitalista»; mentre gli Anglo-Sassoni pensano ad una Germania che sia il baluardo di quella che essi chiamano la « civiltà occidentale». In parole più chiare sia gli uni che gli altri vorrebbero uno stato tedesco centralizzato e forte ma per includerlo nelle sfere d'inAuenza rispettive. Nessuno per ora può dire quale potrà essere la conseguenza di questa fondamentale antitesi: la divisione della Germania? Qualcuno lo pensa; ma è meglio limitarsi alla storia rinunziando alle tentazioni profetiche. Ad ogni modo è ovvio che in un simile stato di cose, da parte sovietica si veda l'opportunità di non accentuare l'antitesi mantenendo il tono polemico dei mesi scorsi. A mettere in « vcilleuse >> il messianismo marxista, a darsi un aspetto rispettabile e tale da non preoccupare fuor di misura gli interlocutori dell'Ovest, c'è il caso di ottenere assai più che con le intimazioni perentorie e le affermazioni ideologiche. Peraltro sembra dubbio che questa moderazione apparente e lo zelo « democratico» dei partiti comunisti nei vari Paesi europei bastino a dissipare le diffidenze. Ormai è opinione diffusa che i partiti comunisti siano la longa manus della politica sovietica; i documenti sullo spionaggio atomico nel Canadà - pubblicati in 'lucsti giorni in un volume di 700 pagine - hanno fatto ritenere a molti che il dovere di ogni comunista sia prima di tutto servire l'Unione dei Sovieti, e, comunque, la prep senza dei partiti comunisti in quasi tutti i paesi del mondo i: un fenomeno che comincia ad avere gravi conseguenze. È certo infatti che interventi troppo pronunciati

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