Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

REçENSIONI un poco il vento si t:1cc e la illusione tcnt:1 di risorgere; ma il suo s.omiglia al grido di un n:tufrago che cerca di afferrarsi a una t:1vola di salvtzza. c. sente che l'oncb lo. ripig,i:i. e tra\•olgc. Un'analisi del quarto canto servirebbe ottimamente a mostrare che nell'insieme e nelle p:1rti esso ha molte pili bclltzzc delle poche che gli si riconos-cono; ma si :rndrcbbc troppo per le lunghe. Quei tanto che ~i è detto può servir di lume a chi si proponesse di rimeditarlo. Di fronte a\lt: :dlcg:orie il ri.tomig:liano profc.~a un:1 dottrina alquanto diversa da qucll:1 del Croce. Secondo il nostro filosofo, dov'è aUegoria non è poc~ia. e viceversa; secondo il Momigli;;ino le :iliegoric interferirebbero bensì con b pocsia, 1( 111:1 sono probabilmente insolubili ». Con un avverbio il critico tempera b ncg:1zionc risoluta del suo grande \'icino. Non mi :-i accusi d'improntitudine :.e :irclbco oppormi :l due macslri rispettati e rispettabili. Con Dante non è vero che le :tllegorie !liano indecifrabili, e che se lui non torna a dichiararle. nessuno può esser sicuro di :tverne data h spiegazione. D'incomodarlo a tornar fra noi non c·è proprio bisogno; perchè: egli ci ha pensato da sè a fornirci a esuberanza gli elementi richiesti a fermare in maniera indubitabile i suoi intendimenti. Se non si è fatto, e, in luogo d'illustrarlo, s'è oscur:no, b colpa è: dei comment:llori e princip:-tlmente. dei primi, che per la loro antichità sono stati ritenuti più sicuri interpreti elci poema e hanno sviato quanti son venuti dopo. Dante con la sciv:1, le fiere, la piJggiJ, il monte, i! sole, Virgilio, il Veltro e il resto, che forma la m:itcria \1c1 primo canto, ha posti i motivi fondamcntJli dell'opera; nel secondo ha messo in ~c<:nai personaggi principali che concorrono :11\0scioglimento del gran dramma, assegnando a ciascuno 1:1 sua p;irte. Non potev;1 supporre che gli studiosi pretendessero di dare la spiegazione dei partico1ari prima di aver finito di leggere la Commedia per rendersi ragione delio spirito :rnim:uorc ddl'opcra, e del fine al qua.le tende; nè, molto meno, che s'immagin;issero di poterlo fare scnz:t :i.ttcncrsi fedclmcntc alla letter:i. · Nessun discorso è pili chi:iro di quello che riguard:1 b lupa. I?. tal bestia., b dire :1 Virgilio. che« non lascia altrui passar per la su;1 via, - ma tanto lo impedisce che l'uccide 11 (In/. I, 95 sgg.). Ebbene, che fosse simbolo di un male lo hanno veduto tutti, ma nessuno si è curato di appurarne la natura; perchè, qualora se lo fossero domandato. com~ avrebbero potuto dire che IJ lupa è figura dell'avarizia o di un :litro qualsiasi dei !>Cile vizi capit:ili, una volta che da questi ogni cristiano h., la possibilità di salvarsi, e eia quelia non si poteva salvare nc~suno? Se avessero badato ;il senso letterale, si sarebbero avvisti che l'unico peccaw d:1 cui l'uomo non vale a redimersi da solo è qullo originale, e ;1vrebbero così a"uto nelle mani il fiio conduttore di tutta l'allegoria dantesca. Con una riflessione tanto, semplice avrebbero capito subito per qual motivo nè Dante, nè Vìrgi1io. sebbene inviato al soccorso dal Ciclo, sono in grado di vincere quell:1.besti:i e a ricacciarla nell'inferno deve venire il Veltro, e con relativa facilità avrebbero sollevato il velo che ricopre le scene a cui assistiamo nello Stige, giudicate così oscure da doverci, per chiarirle, appellare a un novello Edipo. Bastava invece raccost:trle :ill'opposizionc della lupa, di cui sono una grandiosa v;iriazionc. I poeti infatti sono arrivati a un punto dell'inferno, dove si trovano di fronte all:1 stcss;i difficoit:ì di andare avanti. Più di mille diavoli sono :1ccorsi alla port:1 di Dite per ferm:1rli nel loro cammino. Dante:, come sulla piaggi;i, vorrebbe tornar indietro; Virgilio si prova a persuadere quei mJledctti, ma inutilmente. Non rimane se non confidare in un aiuto dali'alto. Invero di lì a poco, in grazia forse di questo suo atto di fede, il maestro vede venir uno che ha l'aria di possedere la virtù cli sbaragliar quello stuolo m:.,ligno, e lo :mnunzia vicino. Se non che il possente t:lrda a giungere, Virgilio comincia a dubitare e la paur;1 di Dante cresce. Profittando di questo loro sgomento, come già s'è veduto, l'inferno mobilita i suoi .scherani contro i due viatori; ma, mirabile a dirsi, non li atterrisce. Soio quando s'odono gridare: <( Venga Medusa >,, il pericolo diventa a un tratto gravissimo; per cui Virgilio ricorre a tutti i mezzi. pcrchè Dante non veda quella testa separata dal busto; il discepolo gli obbedisce: chiude gli occhi, rinunzia cioè a vedere, e crede. Non ha qu;isi finito cii compiere questo suo ;1tto, che il messo già viene; i dannati e i diavoli fuggono via, come nell 'epistola VII ad Arrigo immagin:tva sarebbero dileguati i nemici de!J'lmpero: Fugient Pl,ilistei et liberabitur lsrael. Ciò nondimeno, da scc~ii si disputa chi sia il Veltro, e non si trova la maniera di mettersi d'accordo. Così per il messo: chi è? che cosa rappresenta? un angelo? Enea? Mercurio? Gesù in persona, o chi dei tanti nomi che si fonno?

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