Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

RICORDO DI MICHELANGELO GUIDI destinata a rimaner ancora aperta liberalmente agli studiosi. A chiunque, anche profano, lo incontrasse, Michelangelo Guidi appariva subito come un uomo innamorato dei suoi studi, all'opposto di altri cattedratici che, forse per non far pesare la loro scienza, ti gelano con una conversazione ininterrotta di pettegolezzi e di banalità. E dicendo i suoi studi, naturalmente io non intendo solo quelli arabo-islamici, o di antiche letterature cristiane (con che voluttà, talvolta condita d'un pizzico d'ironia, egli si tuffava negli ingenui fatti e detti di santi copti c siri, nei « fioretti » del pio e semplice monachesimo e ascetismo orientale!); ma, secondo l'ampia e irrequieta gamma dei suoi interessi, anche delle letterature classiche e moderne, di glottologia, di teoria e metodica storiografica e storico-religiosa, di estetica e storia dell'arte. Regioni del sapere e della cultura in· cui sarebbe parso temerario avventurarsi alla f ?rma mcntis del padre, dal campo ben delimitato pur nella eccezionale vastità, erano dal figlio curiosamente esplorate e scandagliate, con un'inquieta sete di conoscenza e un'esigenza di organizzazione e coordinazione prettamente «filosofica» e moderna, anche se di filosofia mai egli si occupò ex professo, e quell'esigenza rimase frammentaria e germinale. Della sua fisionomia morale meno io saprei dire, come meno facile a cogliersi di quella intellettuale, e da lui più custodita con geloso, quasi ombroso pudore. Dirci che anche qui traspariva quella complessità e sin contraddittorietà di clementi, che forma la ricchezza e la caratteristica di tutta la sua personalità. Sull'innata espansività e generosità dell'animo, su un temperamento benevolo, cordiale e gioviale, incisero forse dolorose impronte le sofferenze nervose che ne amareggiarono e in qualche momento tormentarono la vita; ma queste tracce, soprattutto visibili in giovinezza, si erano col passar d_eltempo sempre più attenuate. Statogli per lunghi anni d'accanto, io credo poter forse meglio d'ogni altro render questa testimonianza, di quanto la duplice opposta prova del successo e del dolore avesse via via addolcito e umanizzato anche sotto questo aspetto la sua figura. I non cercati onori accademici ebbero in realtà questa utile funzione nella sua vita, di dargli col riconoscimento del suo lavoro quel senso di soddisfazione e di spirituale benessere che si tradusse in aumentato zelo per la cosa pubblica, in più caldo interessamento per gli altri, in una disp-0sizioncpiù alacre e pronta a prodigarsi in opere di interesse comune. È noto con quanto impegno, con che fermezza e prudenza ed umanità insiemeegli abbia retto per alcuni anni il delicato ufficio di Commissario dell'Istituto orientale di Napoli; così come sin quasi ai suoi ultimi giorni ebbe la direzione della Scuola orientale della nostra Università, e della relativa Rivista, e in seno all'Accademia d'Italia organizzò quei corsi di conferenze sul mondo musulmano e la cultura araba che

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