Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

FRANCESCO GABRIELI senso del ridicolo, che era in lui giocondo sfogo conversevolc, e a un tempo freno preservatore da ogni posa, da ogni sussiego e cipiglio, da ogni cafoneria anche se ammantata di manti imperiali; quella vis comica che nel campo sociale gli fu coefficiente di sobrietà e dignità di vita, e che forse bilanciò, in provvidenziale equilibrio, il tragico pur esso non ignoto alla sua vita, in forme dapprima velate e poi esplose con cruda violenza. Poco io so della giovinezza e della prima formazione scientifica di Michelangelo Guidi, e solo di recente ne ho appreso qualche tratto, nel ricordo dedicatogli dal fraterno amico G. Levi Della Vida; ma forse mi è d'aiuto a raffigurarmela un'esperienza diretta che, mutatis mutandis di proporzioni e di particolari, si avvicina alla sua: l'esser stato insensibilmente attratto dagli interessi e dagli studi paterni, l'aver avuto la prima iniziazione a un mondo lontano per curiosità e quasi per gioco, e poi l'esservisi tuffato in pieno, con un ardore stimolato dalla consapevolezza di quel precedente e di quel confronto. Nato nel 1886, Michelangelo seguì il curricolo consueto di buona parte della borghesia romana, il Nazareno e la Sapienza dove si laureò nel 1909: ma in quegli anni universitari, e in quelli preziosi immediatamente seguenti, il giovane Guidi si era formata, con un leopardiano « studio matto e disperatissimo n di cui allora e poi il suo sistema nervoso ebbe a risentire le tracce, una delle più vaste preparazioni linguistiche e filologiche che nel campo dell'orientalismo si possan concepire. Una preparazione gravitante attorno a due poli ·che restarono per tutta la vita fondamentali per gli interessi di Guidi: quello linguistico, accentrato nel· gruppo semitico, col sicuro dominio dell'arabo, dell'ebraico, del siriaco, ma con curiosità cd esperienze non superficiali anche per altre disparate lingue orientali e occidentali, dal copto al sanscrito, dal russo al turco; e quello storico-religioso, con speciale predilezione per le letterature dell'Oriente islamico, che tutte egli conobbe di prima mano, in varia misura ma con uguale comprensione ccl amore. Di queste sue predilezioni, che ereditano ma insieme modificano, sviluppano e arricchiscono tendenze già presenti nella grande opera paterna, son testimoni i primi suoi scritti, i Contributi alla agiografia etiopica (1916) e la Omelia di Teofilo di Alessandria rnl monte Co.<eam nelle letterature orientali (1917); mentre la vastità delle sue letture e la prontezza della sua assimilazione entro l'immensa produzione orientalistica ci è attestata da quei nutriti Bollettini bibliografici per il copto e l'arabo settentrionale da lui curati per la Rivista degli Studi Orientali, nei primi anni eroici della sua esistenza, che furono insieme ahimè gli ultimi anni della felice Europa di prima del 1914.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==