LEGALITÀ E DEMOCRAZIA NELLA TRtllllZIONE ITALIANA 145 L'età medioevale è tutta dominata dalla viva presenza del diritto naturale, di cui interprete autentica è ritenuta la Chiesa. Ed è un triste vanto dell'età moderna l'aver _scardinato questo ferreo sistema, che, pur in mezzo a pervertimenti ed errori, faceva perdurare il senso del peccato: il che vuol dire che, se si ebbero immoralità, non si ebbe quell'amoralismo che è, esso stesso, una aperta condanna del mondo moderno; amoralismo nella vita privata e nella vita pubblica, di cui sentiamo vivo il morso nelle nostre carni straziate. Già questo incontrastato dominio del diritto naturale ci fa guardare: con alto interesse al nostro Medio Evo: e sia detto con buona pace di tutti i superstiti retori, imprecanti contro l'oscurantismo medioevale. Ma è anche proprio per gli altri aspetti, cui si è accennato più sopra, cioè per la validità dei due principii, legalitario e democratico insieme congiunti, che noi guardiamo con particolare interesse al Medio Evo: e, precisamente, alla età comunale che ne costituisce il punto saliente ·e, per molti aspetti, più importante. L'impero carolingio, crede in certo senso di taluni principii vigenti nell'impero romano, conscio delle esigenze di un grande e forte Stato, riaffermava il principio dell'assoluta dipendenza dei magistrati dalla volontà della legge emanata dal principe. Ma lo sgretolamento dello Stato carolingio nei feudi, fattisi ereditari e sempre più indipendenti dal centro, così da trasformarsi sempre più nettamente in signorie fondiarie, davJ adito a quegli arbitrii che caratterizzano appunto il feudalismo stesso: il quale passò alla storia pit1 per gli abusi che per l'uso corretto dei propri poteri da partt: dei signori. D'altro canto, la teoria politica dell'età feudale aveva tramandato il concetto che il principe è sub lege; concetto derivato dalla idea germanica, che, grosso modo, si potrebbe dire della sovranità popolare, o, meglio, della popolarità della legge; la quale consiste sostanzialmente nella consuetudine ed è perciò indipendente, anzi superiore al principe. Conseguentemente si riteneva che dovesse esser sub lege, cioè contenuta entro i precisi confini della legge, anche l'attività del funzionario o magistrato, la cui posizione di fronte alla legge si identifica con quella del suo signore. Forti di questa dottrina, che per lo meno è sempre latente nella età feudale; consapevoli dei diritti naturali e della dignità della persona umana, conclamati dalla Chiesa; consapevoli sopratutto della esigenza naturale della certezza del diritto per ogni ordinata società; forti del numero accresciuto e della conquistata elevazione economica, attraverso lo affrancamento della proprietà terriera (almeno nel suo aspetto di dominio utile, il quale soppianta praticamente il dominio eminente, spettante al feudatario); memori della tradizione municipale romana e di una vita giuridica ove la reciproca posizione dello Stato e dei cittadini è stabil-
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